Quindici anni fa c’era un nome, Silvia Rizzi Comunicazione, a rappresentare la forza di una professionista focalizzata sulle pubbliche relazioni per il segmento arredamento e design. Oggi, dalla credibilità di quel nome è fiorita una nuova realtà multisfaccettata e dal respiro internazionale, che conta su uno staff affiatato e competente, pronto a mettere il cliente al centro per costruire strategie di comunicazione mirate e centrate sull’obiettivo da raggiungere. Il nuovo nome che racchiude l’essenza di questa realtà professionale è SHARE e proprio nel segno della condivisione che Silvia Rizzi, Managing DIrector dell’agenzia, continua a realizzare insieme ai suoi collaboratori progetti in grado di promuovere gli interessi dei clienti, attivando allo stesso tempo un circolo virtuoso tra le aziende.
SHARE viene definita “boutique pr agency”: come nasce questa avventura e come si è evoluto negli anni il lavoro dell’agenzia?
L’agenzia nasce 15 anni fa, nel 2001, con il nome Silvia Rizzi Comunicazione, perché all’epoca era quello l’unico valore forte che potevo portare in una nuova realtà, il mio nome. Avevo fatto esperienza in diversi tipi di agenzie, per cui quando ho deciso di intraprendere il nuovo percorso avevo dalla mia la forza del mio nome, sia rispetto ai rapporti con la stampa, sia per quanto riguarda quelli con le aziende. La volontà era quella di cercare un luogo e una possibilità di esprimermi come libera professionista indipendente e di proporre la mia personale visione della comunicazione, grazie soprattutto ad aziende come Foscarini e Dornbracht che hanno creduto in me, si sono affidate e mi hanno seguito in questa nuova avventura. Inizialmente sono partita da sola, poi, piano piano, l’agenzia è cresciuta, facendo sempre una grande selezione dei brand in entrata, cercando di puntare all’alto di gamma, cercando di differenziare le tipologie merceologiche, per non creare sovrapposizioni di messaggi, e, infine, utilizzando un approccio molto verticale nella industry arredamento e design. Io credo nella forte specializzazione e dunque, pur non avendo un background di studi di architettura o design, ma essendo nata professionalmente in questo mondo, ho creduto di proseguire in questa direzione e di approfondire sempre più, studiando, quello che l’ambito specifico – molto colto – offriva. Il segmento design e lifestyle (all’interno del quale seguiamo anche brand molto diversi fra loro come Swiss International Air Lines, Preziosa Jewelry, Somma 1867 e Gabel 1957) mi dà ancora quotidianamente grandissimi spunti di crescita, a me e a tutto lo staff, si tratta davvero di un valore immenso. Un altro degli aspetti che ho ritenuto importante portare nella nuova realtà è stato non limitare il nostro lavoro a quello di un elegante servizio di passacarte: ho cercato sempre di mettere la testa e le mani nella comunicazione e quindi di sedere ai famosi tavoli decisionali dove si riunivano tutti i consulenti e i manager dell’azienda. Mi interessava far parte ed entrare nel vivo delle questioni e non subirle passivamente. È un lavoro sicuramente più difficile, ma ha pagato. Una cosa di cui vado particolarmente fiera è il fatto di intrattenere rapporti piuttosto longevi con le aziende: quindi evidentemente i clienti si trovano bene, capiscono che non facciamo semplicemente un lavoro nei confronti dei media ma cerchiamo di aiutarli a capire le loro esigenze per offrire loro un servizio più completo. Un paio di anni fa, con l’apertura di una nuova sede a Milano, siamo arrivati al punto che il nome Sivia Rizzi Comunicazione, per lo staff e per me stessa, non era più rappresentativo. Era diventato ingombrante. Allora, in modo piuttosto naturale, ci è venuto in mente di chiamare l’agenzia SHARE, proprio perché per noi il concetto dello sharing è baricentrico. In questo modo, tutti coloro i quali insieme a me fanno parte di questa sfida possono riconoscersi nel nome. Come ciliegina sulla torta, grazie al nostro lavoro, sono nati in maniera spontanea e virtuosa dei rapporti di scambio di informazioni tra le aziende che noi rappresentiamo (come ad esempio tra Kaldewei e Tubes Radiatori), ossia aziende che operano nella stessa fascia di mercato e dialogano con lo stesso target di professionisti di alta levatura.
SHARE punta su una politica decisa di internazionalizzazione, con la creazione di un network di professionisti e partner collocati nei mercati strategici: quale spinta ha prodotto questa decisione e quali sono le criticità e i punti di forza da considerare in questo nuovo approccio?
Tutto è partito dalla necessità di accompagnare i nostri clienti nel loro processo di internazionalizzazione. Quando abbiamo iniziato la sfida quindici anni fa, eravamo fortemente specializzati nella comunicazione nel mercato italiano, all’epoca veramente strategico per le aziende che rappresentavamo, mentre ora non lo è più. Per cui, nel momento in cui le aziende hanno cambiato pelle, noi ci siamo dovuti adeguare. Oltre a seguire direttamente l’ufficio stampa global per Lapalma, Francia per Alcantara, Francia, Spagna e UK per Cesar e Germania per Ceramica Globo, abbiamo pensato di creare delle “antenne” locali di un network di collaboratori con i quali interagire per aiutare i clienti nelle azioni locali da svolgere nei diversi mercati.
In questa fase stiamo attivando delle partnership in Francia, Germania, UK, Spagna e USA ma prevediamo poi di estendere le collaborazioni anche in Russia e Middle e Far East. SHARE rimane l’agenzia core per le aziende che rappresenta, i clienti hanno in più la possibilità di usufruire di servizi internazionali, raggiungendo risultati più mirati, coerenti e focalizzati con la macro-strategia, seppure in una declinazione locale, e un’ottimizzazione del tempo e delle risorse. Ciò comporta un rapporto win win in termini di costi e di benefici. Sono finiti i tempi in cui le realtà del settore potevano contare su un’agenzia per ogni paese di pertinenza: questo paradigma non vale più, soprattutto nei mercati in via di sviluppo.
Comunicare il design: come si può trasmettere in maniera coinvolgente il valore della bellezza e dell’innovazione?
Sicuramente nel nostro mestiere il valore della parola è molto importante ma in un’era digitale come quella che stiamo vivendo non si può prescindere da una qualità eccelsa dell’immagine. Occorre investire fortemente nella selezione e nella divulgazione di forti messaggi visivi, sia sotto forma di immagine che di video. Questi contenuti hanno il potere di arrivare a target diversi con un’estrema forza e facilità, senza la necessità di aggiungere ulteriori spiegazioni.
SHARE significa condivisione e la condivisione comporta la commistione di mezzi, stili e linguaggi diversi in un panorama saturo di messaggi: qual è il segreto per organizzare un media mix efficace al tempo dei social network?
Questa è la sfida più grande: governare relazioni pubbliche oggi significa agire contemporaneamente su più piattaforme multimediali, monitorare e intervenire nel racconto delle storie nei diversi canali. Tutto è cambiato velocemente, rispetto a cinque anni fa assistiamo a un fenomeno di globalizzazione dei flussi informativi, a un’accelerazione temporale, a un prolungamento della vita delle notizie, al superamento dei limiti dello spazio editoriale e a una potente disintermediazione. Consci di tutti questi aspetti ci siamo dovuti reinventare il modo di lavorare e quindi all’interno dell’agenzia stessa abbiamo operato tantissimo sulla revisione delle metodologie di lavoro, per essere sempre più rispondenti e anche anticipatori rispetto a questo cambiamento di scenario. Da un punto di vista della comunicazione on line, ci siamo strutturati in modo da avere dei social media strategist, per aiutare la nostra comunicazione di agenzia attraverso le principali piattaforme social, Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest e Linkedin. Ciascuna piattaforma ovviamente è presidiata in maniera diversa, in modo adeguato e rispondente rispetto alle dinamiche della stessa. Ovviamente, ci siamo organizzati al meglio anche per essere consulenti efficaci del nostro cliente, integrando queste nuove forme di comunicazione. È diventato tutto molto complesso, ma allo stesso tempo estremamente affascinante.
Dal brief al progetto: come nasce una campagna in casa SHARE?
Per noi il brief è un momento di approfondita analisi del cliente e delle sue esigenze, che si svolge in fase preliminare. Nel momento in cui approcciamo una nuova realtà, insieme al cliente facciamo un lavoro di analisi del mercato, dei competitor, dei target di riferimento. Una volta delineato lo scenario e la carta d’identità dell’azienda con la quale ci stiamo interfacciando, andiamo a definire insieme gli obiettivi che essa intende raggiungere e le modalità attraverso cui noi, tramite la comunicazione, possiamo soddisfare queste necessità. Circoscriviamo il target da raggiungere con la nostra comunicazione, dividendolo in primario e secondario, stabiliamo i prodotti o le argomentazioni di comunicazione che vogliamo utilizzare e dichiariamo quali sono le testate su cui vogliamo lavorare meglio, in maniera più catching, e le testate su cui vogliamo uscire con le notizie, in modo che il cliente trovi nella selezione fatta maggiore soddisfazione. Quanto più siamo chiari con i clienti in fase iniziale tanto più riusciamo a focalizzare meglio i risultati che si aspettano, altrimenti si rischia di sparare nel mucchio. Cerchiamo di essere il più concreti possibile: sembra un’ovvietà, invece fa la differenza.
Quali sono le 5 parole chiave che descrivono appieno lo spirito e la mission di SHARE?
Per noi le parole sono importanti e infatti quelle che ci rappresentano le abbiamo inserite nello SHARE-Manifesto, un manifesto permanent beta, in continua evoluzione. Le parole che abbiamo scelto sono: caring, ossia la cura e la centralità del cliente, perché per noi ogni azienda è speciale; collaboration, ovvero un continuo scambio su base quotidiana; responsibility, ossia responsabilità rispetto alle azioni intraprese; continuous learning, uno studio continuo in materia di comunicazione, mercato e design; e infine cercare di essere mirrorable, cioè essere uno specchio, un’interfaccia, per il nostro cliente e aiutarlo a riconoscersi nel processo di lavoro sulla sua identità e sulla sua reputazione.
Elisabetta Pasca