Una visione d’insieme aperta e qualitativamente elevata muove le prime intenzioni operative di Vicky Gitto, XV Presidente dell’Art Directors Club Italiano. Dieci punti di progetto sono il primo mattone su cui costruire un percorso di evoluzione del Club, per allontanarsi da una gestione milanocentrica e procedere a gonfie vele nella direzione del posizionamento strategico e del recupero del valore della professione creativa.
Vicky Gitto, fresco presidente dell’Art Directors Club Italiano: come ha accolto questa nuova responsabilità?
È stato molto entusiasmante, sia a titolo personale che professionale, ricevere grandi manifestazioni di credito e supporto da soci, amici, professionisti del settore. Avrei tradito un grande moto spontaneo di fiducia da parte della nostra comunità se non avessi assunto l’incarico. L’ex Presidente, Massimo Guastini, è stato il primo a contattarmi, manifestando il desiderio che mi candidassi a prendere in mano il testimone. Tutto il Consiglio dell’Art Directors Club ha appoggiato la mia candidatura e questo mi ha dato una grossa motivazione per decidere di accettare. Il Consiglio uscente ha fatto un grandissimo lavoro, consegnando un Club in buona salute, ponendo le condizioni per spingere ad evolvere determinati valori che di sicuro saranno espressi appieno da qui ai prossimi tre anni.
Subito dopo la nomina, in qualità di Presidente, ha rilasciato un programma in 10 punti per definire il campo d’azione: quali saranno gli obiettivi prioritari per i prossimi tre anni?
Non potevo iniziare il mio operato in maniera timida: ho voluto subito dare un senso al nuovo ruolo nel Club. Per questo ho condiviso il programma strategico in 10 punti che è molto semplice ma contiene tutta una serie di risposte puntuali sui temi più “caldi” per l’associazione. Il primo nodo affrontato riguarda l’aumento delle quote rosa: l’ingresso di Stefania Siani nel Consiglio è solo l’inizio di una serie di interventi concreti in questo senso. Un altro nervo scoperto è sempre stata la “Milanocentricità” del Club e a questo proposito l’intenzione è quella di istituire la possibilità di avere dei soci delegati nelle varie città italiane, per creare contatto sul territorio. Ad esempio, esiste una comunità creativa molto forte in Sicilia, a Palermo, così come storicamente è di stanza a Parma un gruppo di creativi molto importanti nel settore del design, mentre in Veneto, invece, abbiamo un nucleo di professionisti validissimi legato all’universo delle start up e al mondo digitale, senza dimenticare d’altro canto la piazza di Roma, assolutamente da non sottovalutare. Con l’introduzione di queste nuove figure intendiamo contrastare il rischio che ADCI diventi una piccola associazione milanocentrica – probabilmente istituiremo un mandato annuale per avere in ogni città un delegato del Club, per aiutare a decentralizzare le attività del Club stesso. Mi sta particolarmente a cuore la valorizzazione delle infinite peculiarità personali di determinati professionisti: a tal proposito, mi piacerebbe nominare dei veri e propri “ambassador” legati alle diverse forme di comunicazione, quali arte, fotografia, innovazione, tecnologia. Inoltre, vorrei allargare la compagine dei soci, introducendo la possibilità di iscriversi anche ai planner. Negli ultimi anni, il planning strategico ha acquisito un ruolo fondamentale nel nostro lavoro, diventando una presenza costante ai global meeting con i creativi. Ritengo fondamentale che anche all’interno del Club ci possa essere uno scambio costante con questo tipo di professionalità.
La marcia che intende imprimere al Club è dunque improntata all’apertura e alla condivisione?
Ovviamente mi interessa proporre un allargamento in un’ottica qualitativa e non quantitativa: non desidero soltanto avere più soci, l’obiettivo è quello di qualificare al massimo la forza e la credibilità del Club. Ci sono tantissimi comunicatori provenienti dagli ambiti più diversi che mi piacerebbe avere a bordo: gente come Ennio Morricone e Dante Ferretti, uno musicista, l’altro scenografo, ma entrambi eccezionali comunicatori. Mi piace immaginare un Club davvero rappresentativo per coloro i quali in Italia si occupano di comunicazione in ogni sua sfaccettatura e ad alti livelli. Per questo, ho proposto la possibilità di costruire dei content video da presentare sui canali di ADCI, puntando a realizzare addirittura una trasmissione, un talent show, tramite il quale i professionisti possano avere l’occasione di farsi conoscere, di far percepire il proprio valore ad un pubblico più allargato. Vorrei riuscire insomma ad applicare al sistema una serie di piccole regole, desunte da una semplice osservazione di tutto quello che ci circonda e che funziona. Una questione a cui tengo particolarmente è dare al Club un posizionamento che sia frutto di una ricerca strategica e non solo di sensazioni personali. Subito dopo la prima Assemblea, vorrei iniziare con uno studio di planning strategico che ci metta in condizione di capire il senso del Club, il tipo di rilevanza e di posizionamento che esso può acquisire in un mercato come quello attuale. Se in un anno saremo riusciti a risolvere buona parte di queste tematiche avremo fatto un grosso passo in avanti.
Quali possono essere considerate le criticità maggiori per il settore creativo in Italia?
La grossa crisi del mercato ha fatto sì che si sia decrementato il valore di una consulenza di livello. Oggi conta fornire dei servizi, non importa se buoni o cattivi, che costino il meno possibile. Questa logica difettiva ha creato dei grossi danni, tanto che diventa sempre più difficile imbattersi in case history di qualità. È arrivato il momento di risalire dal fondo, dandosi delle regole: c’è da fare un lavoro enorme nell’ottica di migliorare la qualità della relazione tra i professionisti del nostro settore e i professionisti delle aziende e del mercato. Quando ci sono strutture messe nelle condizioni di operare al meglio la differenza si vede, è un dato di fatto. Attuando una politica più strutturata, il Club può mettere gli attori del mercato in condizione di capire la differenza che un professionista qualificato e di livello può fare per un marchio, un’azienda e un prodotto. Soprattutto ADCI deve concretizzare quei fattori necessari per ricostruire la credibilità di un settore, a cui negli anni sono state drenate energie proprio per squalificarne l’importanza e pagare sempre meno i servizi offerti. L’ottica del ribasso a qualsiasi costo non ha fatto per nulla del bene alla categoria. Il lavoro più grosso da fare, con appuntamenti di importanza strategica, è proprio ricreare quella catena del valore in cui i professionisti del nostro campo possano essere riconosciuti per quello che valgono. Il Club deve attrarre i migliori talenti del mondo della comunicazione in una visione qualitativa e non quantitativa: occorre considerare la creatività applicata non solo alle campagne, ma a tutto ciò che ha a che fare con la comunicazione. È cruciale cercare di aggregare quanto più possibile i principali protagonisti del settore, compresi registi, scenografi, designer, artisti, musicisti, stilisti e via dicendo, perché è questa forza condivisa che alla lunga ti rende davvero credibile.
Le parole chiave per la Presidenza ADCI di Vicky Gitto?
Valore, credibilità e rilevanza. Valore per i nostri professionisti, credibilità professionale, data da un approccio strategico ben costruito, e rilevanza per il mercato.
Elisabetta Pasca