“Invece sembra che l’uso, ormai intensissimo, anche se ancora un italiano su tre resta fuori, della rete in Italia sia soprattutto riconducibile a due fattori: i social e le app di messaggistica. Insomma: parole, parole, parole. Che sembrano delineare una società della conversazione in cui vale tutto, vale chi dice l’ultima parola, chi la spara più grossa. Chi ha lo slogan migliore – continua Riccardo Luna – Parafrasando un celebre film western, quando un uomo con una spiegazione incontra un uomo con uno slogan, l’uomo con una spiegazione è un uomo morto. Ma se rinunciamo alle spiegazioni, agli approfondimenti, alla complessità dei problemi e delle soluzioni, se rinunciamo alla verità dei fatti, quell’uomo morto del film western è soltanto la metafora del nostro declino” conclude il Direttore di Agi.
Secondo il Segretario Generale del Censis Giorgio De Rita “dai dati della ricerca emerge che la società digitale è, specie in Italia, ancora una promessa, uno sguardo sul futuro sul quale interrogarci e sul quale intervenire. Se non interveniamo o se non interveniamo tutti insieme, guardando i nuovi argini per quello che sono e non per quello che ci piacerebbe vedere, e se non creiamo le condizioni per la formazione di nuove competenze e nuove opportunità rischiamo che in larga misura diventi una promessa non mantenuta”.
“Negli ultimi dieci anni si è consumata una trasformazione radicale e profonda nel nostro modo di comunicare. Siamo migrati da una società della comunicazione alla società della conversazione” – sottolinea il Condirettore di Agi Marco Pratellesi – “Così, il linguaggio della conversazione – informale, colorito, spesso assertivo, a tratti strampalato e provocatorio – è penetrato nella politica con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. In questi dieci anni l’idillio tra politica e social media è cambiato giorno dopo giorno con una progressiva assimilazione del linguaggio “popolare” da parte dei leader dei partiti. E il populismo se ne è alimentato”.
Internet pervade ormai ogni momento della vita quotidiana. La gran parte degli utenti (e in modo particolare i giovani adulti) si collega anche la sera tardi e di primo mattino. Il 61,7% utilizza i dispositivi anche a letto (tra i giovani si arriva al 79,7%). Il 34,1% usa lo smartphone a tavola (ma i giovani sono il 49,7%).
La maggior parte degli utenti è ben consapevole dei lunghi periodi nei quali risulta attivo in rete. Il 22,7% ha spesso la sensazione che Internet gli induca una sorta di dipendenza. L’11,7% vive con ansia l’eventuale impossibilità di connettersi. L’11,2% entra spesso in collisione con i propri familiari per l’uso della rete. Ma se il 60,7% degli utenti dichiara di aver riflettuto sull’uso eccessivo di Internet, solo il 28,6% è intervenuto concretamente con dei correttivi o delle regole di autolimitazione.
Sei i profili degli utenti Internet tipo in Italia: il 51,1% sono “internauti standard” e usano assiduamente tutti i servizi internet, il 14,3% sono social network addicted, il 10,7% iperconnessi. Solo il 9% sono utenti casuali, l’8,6% utenti di “vecchia scuola” che usano strumenti e funzionalità più datati e il 6,3% “global-nosocial” che usano intensamente tutti i servizi ad eccezione dei social.