Nel variegato panorama della comunicazione sono le agenzie il cuore pulsante dell’innovazione e dell’estro: abbiamo voluto creare uno spazio esclusivo e dedicato per esplorare insieme le attività e gli spunti operativi delle agenzie creative che operano in Italia, per costruire una mappa ideale dell’evoluzione della creatività nell’epoca di internet e dei social media. Per iniziare questo viaggio, abbiamo scelto di approfondire l’approccio “social thinking” – che consiste nell’impostare l’idea creativa a partire dall’analisi e dalla comprensione dei comportamenti sociali delle persone – della sede milanese dell’agenzia internazionale We Are Social, incontrando i suoi tre Managing Director, Gabriele Cucinella, Stefano Maggi e Ottavio Nava.
“Digital in 2017”, il monumentale rapporto sui dati relativi all’utilizzo di internet, social media e mobile in Italia e nel mondo, realizzato di concerto con Hootsuite, ha messo in luce spunti interessanti relativi alle proficue sinergie attuabili tra i brand e questi strumenti di comunicazione, che sintesi possiamo trarne?
Sono diversi i temi interessanti per il nostro mercato emersi dal report Digital in 2017. Sicuramente il dato più evidente nell’evoluzione dei canali riguarda lo spostamento verso un approccio più diversificato alla fruizione degli stessi, attraverso l’integrazione di piattaforme di natura differente, come Twitter e Facebook, fino ad arrivare ai canali di comunicazione ancora più mirata, come quelli di messaging, che stanno avendo una crescita vertiginosa in Italia.
Quindi le piattaforme di messaging rappresentano la nuova frontiera, il territorio in cui investire?
Sicuramente l’aumento dell’utilizzo di questi ultimi è un indice del fatto che i social siano ormai sempre più integrati nella vita delle persone, anche se in maniera diseguale, a seconda dell’uso che gli utenti intendono farne. Le piattaforme di messaging rappresentano di conseguenza un’opportunità molto intrigante per i brand, ma anche una sfida piuttosto difficile da affrontare, in quanto le aziende non possono ancora contare su un approccio simile a quello di Facebook, in base al quale è possibile produrre un contenuto specifico e promuoverlo. Per essere efficaci anche su Messenger, i brand infatti devono essere in grado di creare un contenuto talmente rilevante da fare in modo che gli utenti ne vogliano parlare con i propri contatti, in una conversazione non pubblica ma privata.
Se ci concentriamo sui dati relativi ai social network e all’utilizzo di internet, scopriamo ulteriori evidenze parecchio interessanti.
Sì, un altro tema importante riguarda il peso di internet e dei social network in termini di utilizzo: l’uso di internet è tre volte superiore a quello della televisione, con l’Italia in testa per quanto concerne il tempo trascorso sui social network. Un’altra evidenza è relativa all’età molto distribuita degli utenti: stiamo raggiungendo un equilibrio tra le varie fasce d’età. In questo modo i brand possono senza dubbio lavorare meglio sui vari target: non ha più senso per loro considerare il set di tutti i canali social come qualcosa che serve per rivolgersi esclusivamente alle fasce più giovani della popolazione o alle fasce dotate di una certa disponibilità economica. Si sta configurando piuttosto un insieme di canali sempre più distribuito per età, dotato del plus derivante dalla possibilità di segmentare. Quindi, da una parte, è vero che i social possono essere utilizzati per raggiungere tutti, ma, dall’altra, diventa sempre più fondamentale creare un messaggio specifico per piccoli gruppi di target e non un contenuto che sia trasversalmente interessante per tutti: cercando di piacere a tutti si finisce per proporre qualcosa che non è mediamente interessante per nessuno.
E in questa prospettiva è il formato video a svolgere un ruolo da protagonista assoluto?
Le principali piattaforme social, in particolar modo Facebook, hanno spinto parecchio il formato video negli ultimi anni le persone si sono abituate a fruirne quotidianamente, spessissimo tramite device mobili, assuefacendosi anche a livelli di qualità sempre più alti. Le piattaforme non possono fare altro che favorire e incoraggiare questo tipo di formato, che determina maggior tempo speso a guardare un contenuto senza dubbio più ricco. Il video diventa sempre di più uno strumento vitale nella comunicazione social, connotandosi di volta in volta di accezioni diverse. Ad esempio, su YouTube funzionano anche video dalla durata maggiore, purché veicolino un contenuto degno di interesse, mentre Facebook propende per durate più brevi, recentemente il network non a caso ha introdotto anche delle metriche di misurazione relative alla capacità media dell’utente di arrivare alla fine di un video. Il formato è altamente modulabile e apre a molteplici possibilità di narrazione, di interazione, di condivisione: molti video sono in realtà delle micro-animazioni, simili a delle GIF, che offrono un range amplissimo di opportunità dal punto di vista creativo. Nell’analisi emerge anche il fatto che man mano che gli utenti diventano più esperti nella fruizione di questo tipo di formati, rifiutano clip pensati per altri schermi ma presentati su mobile e sui social network. Per cui una produzione di contenuti e formati specifica per i social media ha evidentemente dei risultati molto superiori: per un utente risulta subito chiara la differenza tra uno spot pubblicitario e un contenuto di entertainment.
Come sarà il 2017 di “We Are Social”, quali nuovi orizzonti vi attendono?
Il 2017 è un anno di affermazione ulteriore per la nostra agenzia, che vede da un lato nuove sfide e collaborazioni, e dall’altro fa leva sul mantenimento delle relazioni con i clienti storici perché crediamo nel valore della continuità. Per offrire ai nostri partner una vision strategica completa che sia allineata al loro business, continuiamo a investire su creatività e contenuti che sono i nostri key focus, lavorando in modo più allargato in termini di approccio media, così da realizzare campagne che abbiano un elemento social molto forte, ma che poi non vivano necessariamente su una piattaforma specifica o esclusivamente su canali online.
Se doveste scegliere delle case history da incorniciare, la scelta dove cadrebbe?
Tra le case history significative più recenti raccontiamo il progetto che abbiamo realizzato insieme a Mars Italia per la settimana dell’Epifania, un momento topico per tutta la divisione Chocolate, quello in cui si ottengono i maggiori risultati. La campagna ha interessato tre brand contemporaneamente, M&M’s, Twix e Mars: come agenzia, abbiamo individuato in Frank Matano il testimonial più adatto per il tipo di target dei prodotti e abbiamo messo in piedi #IlTombolone, che ha ottenuto immediatamente una grandissima visibilità sui media. Questa campagna ha funzionato molto bene, dal nostro punto di vista rappresenta un esempio lampante di un metodo che vede l’individuazione di un trend o un comportamento potenziale da parte delle persone estendibile a contesti diversificati. In questo caso specifico, avevamo identificato la Tombola come gioco tradizionale da vivere all’interno delle mura familiari durante le festività e lo abbiamo allargato ad un ambito diverso, portandolo in un evento live su Facebook, realizzando per la prima volta in Italia un live game a cui hanno partecipato 19.000 persone. Ci siamo occupati inoltre dell’implementazione della campagna sui diversi media – tra cui affissioni, video strategy, creazione di contenuti sui canali dei brand – gestendo dunque per intero la direzione creativa e la produzione. Il successo del progetto è stato cristallino, tanto che adesso stiamo lavorando con Mars su altri brand del portfolio Italia, continuando a portare avanti un approccio integrato tra idea, dotata di un elemento social al suo centro, e vari media che possono essere interessanti per il cliente da un punto di vista di business.
Un’altra bella storia da raccontare?
Un’altra campagna da raccontare è senza dubbio “Zebras”, realizzata per Juventus nel contesto del tour estivo 2016 della squadra. Si tratta di un progetto che va a valorizzare un asset esistente, rendendolo una campagna di comunicazione. Juve aveva programmato un tour in Australia e voleva dare visibilità media all’iniziativa. L’obiettivo era dunque creare una notiziabilità intorno a questo tour: per centrarlo, abbiamo drizzato le orecchie, ascoltando le conversazioni online per capire meglio il mondo del calcio australiano e abbiamo scoperto che in una divisione non professionistica c’era una squadra fondata negli Anni Cinquanta da un gruppo di tifosi juventini. Si chiama appunto Zebras, le Zebre, e indossa una maglietta con gli stessi colori della squadra di Torino. Partendo da qui, abbiamo costruito una campagna in cui i giocatori della Juve, in prossimità dell’avvento del tour, creavano dei contenuti parlando dei giocatori della squadra amatoriale, chiamandoli per nome, raccontando le loro storie, citandoli in alcune interviste che sono state realizzate. Durante il tour vero e proprio, poi, è stata organizzata una partita a sorpresa, i giocatori della Zebras non sapevano nulla: lo speaker dello stadio ha pronunciato i nomi degli avversari degli australiani e a quel punto si è scoperto che erano i giocatori della Juventus. Dopo aver giocato insieme ed essersi scambiati le maglie a fine partita, i calciatori australiani hanno visto che durante tutto il periodo di avvicinamento la Juventus parlava di loro come di avversari pari grado, rafforzando così il legame con la Juve che viene dalla loro storia. Ecco quindi che un asset esistente e tradizionale abbinato a una storia ben strutturata, viene valorizzato diventando per i tifosi un racconto interessante e appealing perché tocca nel vivo la loro passione.
Siete stati in grado di trovare una formula nuova e interessante anche per i lanci.
A proposito di lanci e nuove formule possiamo sicuramente citare Netflix e la seconda stagione di Narcos. La prima serie aveva già letteralmente conquistato i fan che ne amavano i personaggi e la trama. Per il lancio della seconda stagione siamo quindi andati più in profondità, esplorando un altro social insight: le persone parlavano della serie adottando le espressioni dei personaggi e dichiarando come grazie a queste fosse possibile iniziare a praticare lo spagnolo. E allora perché non dare vita a uno strumento che aiutasse il pubblico a imparare i fondamenti della lingua, in maniera facile e divertente? Nasce così il progetto Parla come el patrón, vincitore agli Adci Awards 2016 (3 ori e 1 Grand Prix) e all’ Eurobest 2016 (1 argento e 1 bronzo). Con Babbel, app leader nell’apprendimento delle lingue, abbiamo creato un corso interamente ispirato al mondo di Pablo Escobar. Il giorno del lancio ufficiale sono state più di 100.000 le persone che hanno affrontato la loro prima lezione di spagnolo. E la campagna, inizialmente pensata per l’Italia, è stata poi declinata a livello globale.
Elisabetta Pasca
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