Il proliferare incontrollato di notizie false in rete, alimentato da una parte dall’assenza di verifiche adeguate e dall’altra da condivisioni cieche e acritiche, rischia di smantellare la credibilità dell’intero sistema informativo, minando contemporaneamente i principi basilari della stessa democrazia. La questione delle fake news rappresenta un tema caldo nella riflessione sull’evoluzione della comunicazione e pone degli interrogativi a cui sempre di più risulta difficile sottrarsi. Ad essi risponde il professor Ruben Razzante, Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma, autore del “Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione” (Ed. Cedam-Wolters Kluwer), giunto alla settima edizione e attualmente al quarto posto tra i bestseller di Ibs Libri.
Il fenomeno delle fake news rappresenta una minaccia concreta ai meccanismi primari della democrazia e della convivenza civile: da dove deriva questo vulnus e dove colpisce in maniera più pericolosa?
La Rete è una miniera di opportunità ma presenta anche insidiose minacce ai nostri diritti, in primo luogo quello a ricevere un’informazione corretta. Il mare magnum dell’informazione sul web rende complicata quell’opera di discernimento che l’opinione pubblica deve compiere costantemente proprio al fine di individuare palesi bufale e notizie fuorvianti o manipolate. È la stessa democrazia a rischiare in termini di credibilità, quando i circuiti informativi risultano inquinati da contenuti inattendibili e imperniati su menzogne strumentali e diffuse ad arte. È evidente che blog e social sono particolarmente esposti a questi rischi, molto più di siti informativi e testate giornalistiche on line, chiamati invece a un più attento e scrupoloso vaglio delle fonti.
Qual è il suo suggerimento per una strategia di contrasto al fenomeno e in che modo ritiene debbano intervenire le istituzioni?
Le soluzioni finora prospettate dai vari osservatori potrebbero anche ottenere qualche risultato significativo. Da una parte i colossi della Rete come Facebook si stanno attivando da tempo, proprio avvalendosi di giornalisti, per smascherare fake news e notizie spazzatura. E poi la proposta del Presidente Antitrust, Giovanni Pitruzzella, di dar vita su base europea a una rete di authority, potrebbe quanto meno stimolare una maggiore sensibilità istituzionale rispetto al tema della qualità dei contenuti in Rete, senza tuttavia imporre controlli pervasivi e limitativi della libertà d’espressione dei singoli. Io ho proposto già nei mesi scorsi la costituzione di un tavolo di consultazione sulle fake news, al fine di individuare alcune linee guida che possano rappresentare un riferimento. A questo tavolo potrebbero sedersi, oltre che rappresentanti del governo, anche editori, giornalisti, colossi della Rete e mondo scolastico, visto che la sfida educativa e formativa è anch’essa collegata all’obiettivo di ripulire la Rete da contenuti scarsamente credibili. L’educazione digitale nelle scuole può essere uno degli antidoti, sia pure in prospettiva, e nel medio-lungo periodo.
Quali standard occorrono per garantire una buona informazione e una virtuosa integrazione tra editori e colossi del web?
Editori e colossi della Rete devono collaborare per migliorare la qualità dei contenuti in Rete e per redistribuire costi e ricavi nella filiera di produzione e distribuzione delle notizie. Google e Federazione editori stanno da tempo collaborando su questo versante. Ora anche Facebook mostra uno spirito collaborativo e di condivisione. È evidente che l’autodisciplina degli operatori e degli utenti può fare molto su questo fronte, ma anche leggi e iniziative imprenditoriali devono dare il loro contributo al miglioramento della qualità del web.
La perdita di credibilità dell’universo dei social media che potrebbe derivare dal proliferare di fake news richiede un intervento deciso da parte delle diverse piattaforme: alcune di esse, come Facebook, stanno correndo ai ripari, quali passi ulteriori occorre compiere?
È di questi giorni la costituzione di un consorzio anti-fake news tra alcuni big della tecnologia come Facebook, Wikipedia e Mozilla, con l’apporto di atenei e organizzazioni no profit. La News Integrity Initiative sarà finanziata con 14 milioni di dollari, sarà gestita come progetto indipendente dalla Scuola di giornalismo della City University of New York e promuoverà ricerca, iniziative ed eventi per sensibilizzare e formare l’opinione pubblica su una informazione online di qualità. Facebook è tra i soci fondatori del consorzio, insieme a Mozilla, AppNexus, Betaworks e diverse fondazioni Usa. Tra i partner ci sono anche il fondatore di Wikipedia, Jimmy Wales, l’Unesco, lo European Journalism Center e atenei e scuole di giornalismo di Francia, Germania, Danimarca. Tutto questo va nella direzione giusta, che è quella di un’autoresponsabilizzazione generalizzata da parte delle piattaforme.
Quali sono i principi e gli insegnamenti imprescindibili necessari per formare un lettore veramente consapevole e un giornalista professionalmente corretto?
Il giornalista deve applicare i principi della deontologia professionale, in particolare il nuovo Testo unico dei doveri del giornalista, che riproduce i contenuti essenziali delle carte deontologiche emanate nel corso degli anni dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. In primo luogo il rispetto dell’essenzialità dell’informazione, della verità sostanziale dei fatti, del bilanciamento tra diritto di cronaca e diritti della personalità.
Se il diritto all’oblio risulta essere una chimera, che tipo di strumenti restano per garantire la tutela della persona contro notizie false e diffamatorie?
L’autotutela è fondamentale. Prima di pubblicare opinioni, foto, video e altri contenuti dei quali potremmo pentirci, pensiamoci molte volte. L’oblio è una chimera perché attraverso i meccanismi di condivisione e di rimbalzo, tutto riemerge da qualche parte e nessuno può avere la certezza di aver cancellato una volta per tutte contenuti disdicevoli. La tutela della nostra identità digitale è anzitutto compito nostro. È evidente che le piattaforme, a fronte di segnalazioni degli utenti, devono rimuovere i contenuti falsi e diffamatori.
Elisabetta Pasca