Come si garantisce la trasparenza nelle collaborazioni degli influencer con i brand?
La tematica è stata oggetto di grande dibattito in questo mercato nell’ultimo paio d’anni. Per fare un po’ di chiarezza, innanzitutto è necessario specificare che, ad oggi, non esiste una regolamentazione declinata sulla comunicazione digitale, ma che l’indicazione generica è fornita già chiaramente dal Codice del Consumo, che vieta la produzione e divulgazione di pubblicità occulta o ingannevole.
Innanzitutto le piattaforme social hanno integrato il branded content tool affinché l’influencer possa dichiarare in modo trasparente che il contenuto che l’utente sta fruendo è frutto di una collaborazione retribuita. A sostegno (o in alternativa) di questo già prezioso strumento, alcune associazioni di categoria hanno sentito l’esigenza di autoregolamentare in modo più specifico le diverse opzioni che questo mercato si trova quotidianamente a dover fronteggiare, proponendo una sorta di netiquette basata sugli hashtag #adv, #suppliedby e #giftedby per rendere questo tipo di comunicazioni più trasparenti agli occhi degli utenti. È importante però specificare che la distinzione tra i suddetti hashtag è puramente convenzionale e non rispetta alcuna legge specifica ma vincola solo coloro che hanno sottoscritto l’autoregolamentazione. Insomma, la cosa fondamentale è indicare in modo inequivocabile quando un contenuto viene prodotto a fini commerciali, anche quando si tratta non di collaborazioni pagate ma di scambio merci (es. prodotti omaggio, offerta di viaggi o servizi) dal momento che, queste ultime, sono da riconoscersi a tutti gli effetti come un’alternativa avente comunque un valore economico.
La qualità dei contenuti è un valore fondamentale per i creator: la creatività si può salvaguardare quando entra in contatto con il mondo del business e delle aziende?
Specifico innanzitutto che – per rispondere a questa domanda – farò principalmente riferimento ai content creator, ovvero coloro che sul web producono dei contenuti editorialmente di valore per il proprio canale, talvolta considerabili da un punto di vista marketing anche come influencer per la capacità di ingaggio di audience che questi (insieme ai propri contenuti) riescono ad avere sulla propria community.
Fatta questa premessa, siamo in un periodo storico del mercato del branded content e dell’influencer marketing in cui, secondo noi, i brand devono sempre di più essere considerati degli editori, dal momento che gli investimenti delle aziende risultano per i content creator a tutti gli effetti dei “potenziatori” per i propri contenuti editoriali. La connessione tra content creator e brand portano sempre più spesso a prodotti editorialmente molto interessanti e molto apprezzati dagli utenti, ormai sempre più abituati a fruire contenuti brandizzati e a riconoscerne pregi (o difetti). È chiaro che i content creator devono approcciarsi alle attività di branded content in modo etico, effettuando fin da subito una selezione molto accurata nella scelta dei brand e dei valori a cui decidono di accostarsi. Una volta assodata questa scrematura, le collaborazioni devono avvenire sempre in modo molto naturale, dove il rispetto reciproco delle rispettive esigenze venga sempre tenuto al primo posto: lato brand, la comunicazione di un certo sistema di valori e, lato content content creator, la fedeltà al linguaggio e al tono di voce. Per essere efficace, il contenuto deve sempre tenere in considerazione la coerenza con i contenuti che quella determinata community è abituata a fruire, altrimenti si rischia un effetto controproducente per tutti, brand in primis.
Per l’influencer marketing, negli ultimi due anni, il giro d’affari è cresciuto di circa il 131%: quali sono le prospettive di sviluppo nel medio e lungo termine?
Siamo, indubbiamente, di fronte a un momento particolamente felice e florido dell’influencer marketing, proprio perché nel pieno del suo boom e della sua scoperta da parte di un numero sempre maggiore di aziende.
A parer nostro, questa crescita andrà sicuramente a consolidarsi ma con un trend – a tendere – meno esponenziale rispetto a ora. Prevediamo che, di certo, l’influencer marketing si posizionerà come uno dei touch point imprescindibili all’interno dei piani di comunicazione delle aziende. Quest’ultime porranno sempre più maggiore attenzione rispetto al ritorno dell’investimento generato da campagne di influencer marketing.
Di contro, la sfida per gli influencer sarà di continuare a proporre contenuti sempre creativi e interessanti rispetto all’esigenza della propria community che cresce e si evolve con loro.
Elisabetta Pasca