Si avvicina il fatidico termine del 25 maggio: cosa cambierà concretamente con l’entrata in vigore del GDPR?
Per quanto riguarda la privacy, si tratta di una battaglia persa ormai da anni. Non esiste la privacy, l’abbiamo data via. Ogni nuova normativa, anche il GDPR, non cambierà questa realtà. Certo, i principi sono corretti, ma l’applicazione pratica si scontra con il fatto che se non rilasciamo l’autorizzazione al trattamento dei dati alla fine non possiamo usufruire di determinati servizi. Siamo di fatto controllati dai governi, lo sappiamo da tempo, non solo grazie alle dichiarazioni di personaggi come Snowden, ma concretamente non facciamo nulla per contrastarlo. Anche i player tecnologici raccolgono i nostri dati e, in alcuni casi, li usano per fare business, ma a noi va bene così perché spesso non ci rendiamo conto del valore delle nostre informazioni e ci lasciamo guidare dalle abitudini. Fino a che non subentreranno incentivi economici a fare diversamente non succederà nulla. Se domani avremo una piattaforma disposta a pagare per i dati degli utenti, chiedendo loro quali informazioni vogliono rendere disponibili, allora si aprirà uno scenario differente. Ma fino a quel momento non intravvedo cambiamenti. Lo dimostra il fatto che Facebook, nonostante gli ultimi scandali, si è confermato in perfetta crescita, tutto come e meglio di prima. Credere che una semplice normativa possa cambiare le cose è pura fantascienza.
La comunicazione del futuro è sempre più visuale: non si corre il rischio di restare troppo in superficie, senza impegnarsi più nell’approfondimento dei messaggi?
“Avengers: Infinity War” ha guadagnato oltre 600 milioni di dollari solo nel week end di lancio, il più grosso incasso della storia. È un racconto per immagini e rappresenta una delle sue espressioni più riuscite, anche rispetto al fumetto. Non vedo però il racconto visuale come un nemico da contrapporre alla forma scritta. La comunicazione per immagini non è necessariamente più superficiale di quella che passa per la scrittura. I video possono essere efficaci come strumenti educativi, formativi e informativi. Il formato video funziona di più senza dubbio sui social, ma questo non significa la scomparsa o l’inefficacia degli altri formati. Ovviamente la validità di trasmissione e penetrazione del messaggio dipende dalla qualità del video: occorre confezionare un prodotto accurato se si vuole lasciare il segno. Il problema grosso è che oggi le persone non leggono, è un dato di fatto. C’è un grado di disattenzione generale preoccupante. Chi commenta sui social spesso non solo non legge la notizia a cui dovrebbe riferirsi, ma non guarda nemmeno il video proposto. Si finisce per commentare a caso. Un tizio una volta mi ha insultato accusandomi di aver pubblicato a suo dire l’ennesimo contenuto motivazionale: stava commentando un video in cui raccontavo la storia della metropolitana.
Molti ti considerano una fonte di ispirazione: in che modo vorresti incidere con la tua attività sul mondo intorno a te?
A me fa piacere se le persone trovano ispirazione nei miei video e nei miei contenuti. In realtà, io faccio un lavoro molto semplice, faccio l’imprenditore, lancio delle iniziative, mi piace affrontare degli argomenti e mi fa piacere destare interesse intorno a determinati temi, per condividere esperienze e conoscenze. Quindi posso dire che non intendo motivare nessuno, ma piuttosto mi piacerebbe innescare un movimento virtuoso, spingendo gli utenti a confrontarsi rispetto alle proprie esperienze professionali. I social media sono diventati la pozzanghera in cui spesso si condividono sciocchezze invece di mettere in comune le proprie competenze, le quali potrebbero tornare utili alla comunità. Questo è un tipo di condivisione che ritengo valida, perché mirerebbe ad aumentare il livello di tutti, ad elevare le persone. Sarebbe utile passare dai social media ai professional media, che arricchiscono di sicuro molto di più dell’ennesima foto di qualcuno che accarezza un gattino. Ci sono un sacco di manager che hanno avuto delle esperienze pazzesche ma non ne parlano o se lo fanno magari è per venderti qualcosa. Bisognerebbe mettere in comune i saperi per il piacere di farlo. Poi può venirne fuori anche un guadagno, certo, ma non deve essere quello la molla principale. Linkedin potrebbe ambire a diventare il posto giusto in cui condividere queste competenze, ma è ancora arenato, è sporcato dalla volontà di vendere da parte di aziende e professionisti. Staremo a vedere cosa accadrà.
Elisabetta Pasca