Più di 700.000 visualizzazioni in soli 10 giorni sono un traguardo invidiabile per qualsiasi influencer e youtuber che si rispetti. Ma a conquistare il popolo del web questa volta ci pensa l’idolo che non ti aspetti, un cantautore romano dalla penna fine e dall’ironia malandrina, Luca Bussoletti, in arte semplicemente Bussoletti, che con il nuovo singolo “Selvaggia Lucarelli”, pubblicato da 8 BEAT, sta facendo registrare numeri da capogiro. Lanciata il 20 gennaio, la canzone ha superato i 100mila streaming su Spotify mentre il videoclip, girato a Parigi e diretto da Tom Corbe e Buck Bukenot, con protagonista l’attrice Alice Bouhet, ha superato appunto le 700 mila views su Youtube.
Bussoletti racconta con intelligente leggerezza di quanto sia diventata crudele la comunicazione, in special modo all’interno dei social network, puntando i riflettori proprio sulla Lucarelli che è tra i blogger più influenti in Italia e anche regina indiscussa di provocazioni e polemiche al vetriolo. Perché alla fine vale la pena difendere la bellezza con gli strumenti più adatti, come l’arguzia e le parole, senza fermarsi all’espressione sterile di un pollice all’insù.
Bussoletti, che da due stagioni conduce anche #lingueasonagli, un programma talk su Radio Cusano Campus, ci apre le porte del suo universo creativo e ci racconta che si può essere virali evitando di essere virus.
La tua canzone difende il bello e se la prende con quella degenerazione della comunicazione che sui social trasforma ogni discussione in una specie di pasticcio pulp: scegliere Selvaggia Lucarelli come “musa” è stata una scelta obbligata?
In realtà non ce l’ho con Selvaggia Lucarelli, lo dico anche nel ritornello – “Non ce l’ho con Selvaggia Lucarelli/Semplicemente credo che siamo più belli/Non ce l’ho con Selvaggia Lucarelli/ma preferisco ancora i fiori ai coltelli” – potevo prendere di mira tutta una serie di personaggi che come lei incarnano un certo tipo di atteggiamento aggressivo nella comunicazione. Si è trattato di una coincidenza: semplicemente, nel momento in cui stavo componendo questa canzone, la Lucarelli ha intrapreso una polemica stucchevole contro Samantha Cristoforetti e lì mi è scattato come un risentimento, non personale, ma proprio sulle motivazioni che avevano sollevato il polverone. Ho pensato che se persino una donna come la Cristoforetti, che dedica una vita ad un sogno grande come andare nello spazio e riesce addirittura a realizzarlo, diventa oggetto di un’ironia velenosa gratuita, riferita al suo presunto aspetto poco avvenente, allora vuol dire che ormai vale proprio tutto, non esiste più un argine che possa salvaguardare qualcosa di bello. Una donna che viaggia nello spazio evoca quasi i racconti che amavamo da bambini, non merita un trattamento del genere: così, mentre scrivevo la canzone, in cui stavo affrontando il tema di questa comunicazione nevrotica che offende il bello, fare riferimento a Selvaggia Lucarelli è stata una conseguenza naturale.
Canti “Dimmi quanti follower hai e ti dirò chi sei”: anche questo “culto del Like” contribuisce ad appiattire il confronto e l’approfondimento?
Sì, assolutamente. Spesso Selvaggia viene difesa da legioni di follower quasi come se fosse una religione: ci sono tante persone che la difendono, alcuni sostenendo che scrive molto bene – e quella è senza dubbio una forma di difesa accettabile, tra l’altro lo penso anch’io – mentre molti altri sostengono che non la si possa attaccare in virtù della miriade di like e di commenti che riceve. A me del numero di like sinceramente non interessa nulla, perché, grazie al cielo, nel mondo reale, non è ancora questo che fa la differenza.
All’inizio del videoclip di “Selvaggia Lucarelli” compare una citazione di Stefano Benni: “La comunicazione perfetta esiste. Ed è un litigio”. Perché?
Perché l’attacco interessa di più del confronto. Io posso portare la mia esperienza personale: conduco un programma su Radio Cusano Campus e una volta ho avuto come ospite Matteo Salvini. Ovviamente, prima di incontrarlo, ho deciso di leggere il suo libro per arrivare preparato all’intervista. Quando ho raccontato questa cosa sulla mia pagina Facebook ho ricevuto una pioggia di commenti negativi, senza sapere ancora come sarebbe andata l’intervista vera e propria. Io avevo semplicemente scritto che stavo leggendo il libro per documentarmi e poi poter esprimere un giudizio, che, tra l’altro, non era positivo, né sul libro, né sul personaggio. Le stesse persone che hanno commentato negativamente il mio operato non è che poi si sono trasformate in ascoltatori, questo perché finché si tratta di criticare e di buttar giù veleno sono sempre tutti presenti, ma poi, quando la critica deve diventare costruttiva – della serie, adesso ascolta la trasmissione e dopo dimmi se l’ho condotta bene o male – te ne perdi per strada almeno l’80%. Quindi, in quel momento, con un personaggio che io detesto particolarmente come Salvini, mentre leggevo un suo libro orrendo, ho capito che purtroppo il meccanismo ormai è quello, a prescindere dal merito dei personaggi. Secondo Umberto Eco, il web ha dato voce a legioni di imbecilli: io avuto anche la fortuna di seguire alcune sue lezioni a Bologna, ero e sono d’accordo con lui.
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Come è cambiato effettivamente il mercato discografico con l’avvento dei social media?
Tempo fa c’era MySpace, che però era completamente finto, c’erano miliardi di numeri che erano bolle di sapone, perché poi quando andavi a suonare dal vivo non c’era nessuno a vederti. Devo dire che adesso i social restituiscono quanto meno una prospettiva reale, nel senso che effettivamente esistono dei fenomeni musicali che partono da lì e poi esplodono anche nel mondo “fisico”. Quello che è veramente cambiato nella discografia riguarda soltanto la vendita dei supporti, perché forse ancora non si è messo bene a fuoco cosa si deve vendere, se il brano o il vinile o un vaso di coccio. Ecco, su questo aspetto regna decisamente una grande confusione. Per il resto, la musica non è in crisi, interessa: le persone, quando la musica è di valore, spendono ancora volentieri. Ripeto: è la vendita del supporto ad essere in crisi e poi molti personaggi dell’ambiente discografico non hanno capito il cambio dei modelli. C’è chi ancora parla di singoli o dice che dopo i vent’anni come musicista sei finito, portando avanti nel 2017 vecchi adagi che puzzano di anni Ottanta e che infatti, per fortuna, sono ampiamente superati.
Il brano è uscito il 20 gennaio e ormai ha già superato le 700.000 visualizzazioni: ti aspettavi questo risultato?
Sinceramente me l’aspettavo. Di solito, i miei video viaggiano nell’ordine delle 100.000 visualizzazioni ma prevedevo un exploit. Il personaggio di Selvaggia attira di per sé l’attenzione e poi il video è realizzato in un certo modo, con un finale abbastanza forte. Il passaparola era quasi inevitabile. Personalmente non demonizzo la viralità, esistono contenuti virali bellissimi, come quei video emozionali che ti scatenano i lacrimoni o quelle notizie importanti che riescono a diffondersi nonostante i media tradizionali tentino di coprirle, quindi ben venga la viralità. Io critico piuttosto il modo in cui si usa la viralità. Critico, ad esempio, il comportamento di chi, approfittando della sua posizione di influencer ed opinion leader, attacca gratuitamente una Samantha Cristoforetti dandole della cozza. Non ne capisco il motivo, l’utilità, tutto qui.
Segnali per te dal pianeta Selvaggia Lucarelli?
La Lucarelli è un genio della comunicazione e in quanto tale sa che qualsiasi cosa dica nei miei confronti, in positivo o in negativo, fa gioco alla canzone. Quindi, secondo me, anche se David Parenzo ha commentato il pezzo dicendo che è bellissimo e a Selvaggia sarebbe piaciuto molto, non parlerà neanche sotto tortura del FBI. Poi magari mi sbaglio e domani parla, chissà, ma credo che continuerà a fare il suo gioco, come del resto sa fare molto bene.
Come si traduce concretamente tutto questo clamore mediatico nella tua carriera di cantautore?
Stiamo parlando molto di virtuale ma non dobbiamo dimenticare che è strettamente collegato al reale. Io ho avuto la fortuna di essere in concerto il giorno in cui è uscito “Selvaggia”, il 20 gennaio, in particolare ero a Piobbico, un paese minuscolo delle Marche, famoso per essere il “Paese dei Brutti”: è venuta tanta gente incuriosita e mi hanno fatto suonare la canzone tre volte. Per me era imbarazzante, ma l’ho fatto volentieri. Tutto questo per dimostrare che subito il passaggio tra virtuale e reale è avvenuto e sta avvenendo: suonerò in giro per tutto il mese di febbraio e di marzo, da Nord a Sud, Sicilia inclusa. “Selvaggia”, la canzone, ha già oltrepassato lo schermo.
Elisabetta Pasca