Il web 2.0 ha creato e portato alla ribalta nuove professioni, figure che “masticano” ogni giorno il linguaggio del digitale e che ricoprono ruoli tanto importanti quanto spesso nell’ombra. Tra questi vi è il Community Manager a cui, dal 2010, è stata addirittura dedicata una giornata: il 4° lunedì di gennaio, e quindi oggi, è infatti il Community Manager Appreciation Day. Un simpatico modo per celebrare una risorsa tanto preziosa ma che i più, soprattutto in Italia, ignorano ancora che cosa faccia di preciso. Ne abbiamo parlato con una persona che di digitale se ne intende e non poco: Giuseppe Mayer, Chief Digital Officer di Armando Testa.
Community Manager: quale ruolo svolge questa figura all’interno di un’agenzia come Armando Testa nella relazione con i brand?
Si tratta di un ruolo cruciale per una serie di motivi: il community manager oggi è, per un brand, uno dei principali asset di relazione con i clienti finali e, avendo questa relazione un’alta visibilità, rappresenta indubbiamente anche un veicolo di comunicazione che bisogna indirizzare correttamente per raggiungere gli obiettivi di business di un’azienda.
Fino a non molti anni fa il lavoro di una agenzia di pubblicità terminava nel momento stesso in cui una campagna, uno spot o un radio, venivano messi in onda; oggi non è più così e quel momento di on-air o online rappresenta invece il punto di partenza di un’attività ad alto valore aggiunto che proprio nel community manager trovo il suo attore principale.
Un esempio in questo senso è rappresentato dal lavoro che in Armando Testa facciamo su Amaro Montenegro; si tratta di un cliente del quale ci occupiamo a 360° dalla TV al sito internet fino alla produzione dei contenuti editoriali per i profili social. Devo dire che proprio il community management, in questo caso, ricopre un ruolo fondamentale nell’affermare e dare consistenza al messaggio di marca; basta dare un occhio alle conversazioni online sui post della pagina Facebook di Amaro Montenegro per avere una prova di cosa intendo.
Qual è la giornata tipo di chi si occupa dei social?
Direi che dipende molto dalla tipologia di cliente, dagli accordi di servizio e dalle specifiche necessità del momento.
Ci sono poi anche i casi in cui è prevista la copertura di un evento o un lancio con contenuti in real time marketing e che richiedono una presenza adeguata anche a livello di community management. Più in generale la giornata di chi si occupa di social inizia molto presto con l’analisi di eventuali problemi nelle pagine e profili gestiti, per poi passare alla normale gestione quotidiana di supervisione e gestione delle community fino ad arrivare al monitoraggio costante di potenziali tracce crisi nelle conversazioni.
Si tratta di un lavoro che sempre di più si integra necessariamente con altre funzioni interne all’agenzia, ma anche all’ufficio marketing e comunicazione del cliente; riuscire infatti non solo a rispondere, ma anche ad argomentare e in alcuni casi a fornire un servizio di valore, sono elementi fondamentali per questo ruolo.
Quali le skills che proprio non devono mancare in un community manager?
Dividerei qui l’ambito delle competenze in due aree distinte; quella esterna al team e quella interna. L’area di competenza che guarda verso l’esterno dell’agenzia deve prevedere una capacità “empatica” di relazione con i clienti finali e con i loro bisogni, desideri aspettative. Qui le capacità di scrittura creativa e di comprensione del giusto tono di voce del brand sono fondamentali così come la capacità di stimolare la conversazione quando il topic lo richiede o di spegnere le tensioni prima che queste possano scalare verso la crisi.
Dal punto di vista delle competenze verso l’interno del team quello del community manager è un ruolo di collegamento tra il mercato da una parte e l’agenzia/azienda dall’altra; una buona capacità “diplomatica” e di relazione è quindi un prerequisito per chiunque voglia cimentarsi nel ruolo.
Hai mai dovuto affrontare delle “crisi” sui social? Da “condottiero”, come le hai gestite?
Lavorando sui social media da più di dieci anni posso dire che il rischio della crisi è purtroppo sempre presente.
Tuttavia non bisogna essere spaventati da questa possibilità, ma piuttosto prepararsi ad affrontarla definendo strumenti e processi per gestire simili eventualità prima che si verifichino.
Ad esempio utilizzando in modo continuativo nel corso dell’anno tool per il monitoraggio delle conversazioni; questi strumenti possono, in tempo reale, restituire la “temperatura” delle conversazioni su un particolare brand o prodotto fornendo insight utilissimi. O ancora si possono definire diversi piani di ingaggio per gestire le diverse tipologie di crisi possibili anche in coordinamento con l’ufficio PR dell’azienda in esame.
Ma è chiaro che il modo migliore per gestire una crisi è quello di evitare la crisi stessa e anche in questo senso la funzione di un buon community manager può essere centrale; sottolineando verso l’interno quelli che sono i segnali deboli nei commenti suoi social, andando a capire quando è necessaria una risposta formale dell’azienda e definendo delle best practice di risposta su temi specifici che possono aiutare a neutralizzare le possibili distrazioni nella community concentrando il messaggio sull’offerta, i valori e il racconto del brand.
Lucia Mancini