Leadership: quando comunicare senso di appartenenza e responsabilità diventa la migliore risorsa, dal Secondo Meeting della “Comunicazione Oltre l’empatia, l’esercito italiano e il futuro della comunicazione”.
Nell’era della Reputation Economy dove reputazione troppo raramente corrisponde con “degno di fiducia”, ma viene confuso con degno di ammirazione, la sana leadership diventa strategica.
Quando ero piccola mi ripetevo in continuazione “Io sono un soldato” perché nipote da parte di nonno, e di zio e figlia di militari non puoi che sognare di sentirti un soldato esemplare. Un pensiero che hai dentro e che ti accompagna come il portarti la mano sul cuore quando vedi la bandiera, commuoverti profondamente ascoltando l’inno e pensare che sei uno, parte di un tutto, sempre. Non ti sentirai mai sola, perché accanto a te ci sarà la tua squadra, avrai responsabilità nei confronti tuoi e degli altri, perché sai che è tutta questione di energia costante che fluisce tra indicazioni e ascolto. E soprattutto sei consapevole che sei e sarai sempre una risorsa. E ieri questo pensiero l’ho visto confezionato in un diario, “Io sono un soldato”, stampato a cura del Comando per la Formazione, Specializzazione e Dottrina dell’Esercito, e una lacrima mi è scesa per l’emozione di vedere come la vita sia piena di senso di appartenenza.
Ieri ho avuto l’onore e il piacere di ascoltare le parole del Generale del Corpo d’Armata dell’Esercito Italiano Salvatore Farina, “La costruzione della Leadership tra appartenenza e responsabilità” con una dimensione etica così forte e così accogliente che il primo pensiero è stato: tutti dovrebbero ascoltarlo. Perché oggi troppo spesso la dimensione che prevale è EGO-centrica, sempre più narcisista e interessata, in cui, anche la dimensione delle HR scivola nell’autoreferenzialità, per sopravvivere ad una gara all’ultimo post o meglio content, presentazione pubblica e video release. La dimensione umana è un’altra: è appartenenza, responsabilità, ma soprattutto coltivare valori, quei valori che salveranno quel crederci necessario a costruire; quei valori che nell’immediato daranno la visione, ma che nei momenti più difficili saranno la bussola, saranno i punti fermi sui quali ognuno starà saldamente stretto e continuerà a sentirsi risorsa.
Coltivare è il verbo che più di ogni altro rappresenta il giusto modo di affrontare la vita, il lavoro e soprattutto le sfide di qualsiasi natura siano. Perché anche la partecipazione e il rispetto vanno coltivati, così come la fiducia e la voglia di condividere ogni giorno qualcosa di sé che sia utile agli altri. Quello che stai per dire è utile? Genera valore? Permette di accogliere? Promuove senso di responsabilità? Valorizza l’esperienza di qualcun altro? Se sì prosegui, altrimenti utilizza quelle energie in una riflessione più profonda e catalizza in te stesso l’opportunità di ascoltarti, questo è ciò che mi ripeto da sempre.
Coltivare l’ascolto di sé e degli altri è fondamentale, perché, come dice Erich Fromm, “Solo chi ha fede in se stesso può essere fedele agli altri”.
Ed ecco che la fiducia diventa la chiave attorno alla quale costruire costantemente un senso di appartenenza e responsabilità. Fiducia in un leader, perché qualcuno deve essere in prima linea, perché deve stare accanto alla sua squadra, ma con la stessa fiducia nelle proprie capacità deve avere fiducia negli altri e ascoltare e lasciare spazio agli altri, perché a loro volta siano esempio, siano i migliori compagni di squadra, siano quella risorsa senza la quale il leader non esisterebbe. Ed ecco che esercitare la leadership con responsabilità e rispetto significa sapere apprendere, coltivare la partecipazione, in un costante flusso di dare e ricevere nella stessa misura.
Così ogni leader che sia istituzione, pubblica amministrazione, impresa, insegnante, genitore deve vivere nell’esempio e non nel giudizio, nel coraggio, nella lealtà delle azioni, perché nella correttezza sta l’esempio migliore, il senso di fiducia, la stima e quel meccanismo virtuoso attraverso il quale godere di un ascendente presso i propri collaboratori e nell’errore, che è umano, imparare la lezione che nessuno è perfetto e tutti possiamo migliorarci costantemente.
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