La decisa evoluzione del branded content, orientato verso la garanzia di una sempre più alta qualità dei contenuti proposti, apre delle prospettive oltre modo positive nel panorama della comunicazione: il consolidamento di un circolo virtuoso tra brand e creativi può segnare una nuova e proficua era nello sviluppo dei prodotti audiovisivi.
In quest’ottica, un caso emblematico è rappresentato dal programma televisivo “Ettore, Un Caffè Con…”, in onda in seconda serata su Raidue, prodotto da De’Longhi by Zerostories (agenzia specializzata in branded entertainment) in collaborazione con Rai Pubblicità. Si tratta di un’operazione ben riuscita di branded content armonico, per la promozione della macchina Dinamica Aroma Bar: ne abbiamo parlato con il conduttore e autore Michele Dalai.
Da “Ettore” su Rai Radio2 a “Ettore, un caffè con” in onda in seconda serata su Rai2: cosa si trasmette dell’esperienza radiofonica in questa nuova avventura televisiva?
Il tono, il tentativo di parlare a una velocità comprensibile, di non bruciare le risposte dell’intervistato, di raccontare e ascoltare senza forzare alcun meccanismo. Sembra poco, sembra normale, è quasi rivoluzionario di questi tempi.
Quali sono gli elementi distintivi e i punti di forza del nuovo format “Ettore, un caffè con”?
Il punto di forza sono gli ospiti, il loro bagaglio di esperienze e la volontà di mettersi in gioco e condividerle. L’elemento distintivo è la generosità con cui si mettono a disposizione del racconto.
Il binario del doppio storytelling consente di raccontare in maniera intima e coinvolgente sia l’ospite di turno che il personaggio che lo ha ispirato: come si costruisce l’alchimia perfetta per una narrazione di questo tipo?
La condizione fondamentale è che l’ospite conosca davvero l’artista cui dichiara di essersi ispirato. È l’unico modo per fare funzionare l’idea.
Il programma è un’operazione armonica e riuscita di branded content sulla tv pubblica: per un autore un’operazione del genere è più stimolante o impegnativa?
Stimolante, perché in questo caso il brand si è messo al servizio, non ha chiesto e, anzi, ha dato molto, accettando di lasciare spazio alla narrazione. Non sempre è così, ma quando succede è molto bello.
I brand sono sempre più alla ricerca di contenuti di valore da supportare e sposare e anche il pubblico, di fronte alla qualità delle proposte, finisce per abbandonare il pregiudizio legato alle sponsorizzazioni: in che modo si può mantenere e incrementare questo circolo virtuoso, nel panorama dell’evoluzione dei contenuti audiovisivi?
Semplice: non abdicando alla qualità e convincendo i brand che produrre contenuti significa creare valore e raccontare i propri valori.
Elisabetta Pasca