Continuano gli approfondimenti di Uomini & Donne della Comunicazione sui temi legati al mondo del lavoro: dopo aver affrontato il nodo relativo a Inclusion & Diversity, questa settimana ci concentriamo sul coaching, sempre più centrale nelle strategie di business delle aziende e dei brand. La parola dunque va a Roberto D’Incau, headhunter & coach di esperienza e caratura internazionale. D’Incau è il fondatore di Lang&Partners, una delle più prestigiose società di consulenza HR italiane.
Nel panorama di business attuale, cosa rappresenta il Coaching e in che modo concorre a migliorare le condizioni aziendali?
Nel panorama attuale del business, il coaching non è tanto un modo diverso di fare formazione, ma un vero e nuovo approccio alla cultura organizzativa aziendale. Oggi le competenze strutturali di conoscenza del business (hard skill) non bastano più. Si richiedono nuove abilità nel prendere le decisioni (soft skill): velocità, resilienza, cooperatività, orientamento all’innovazione, creazione del consenso, sensibilità per la diversity, capacità di ispirare… Tutti aspetti sui cui il coaching è fortemente efficace, nel permettere un cambiamento strategico delle persone e della cultura organizzativa.
In particolare, che tipo di interventi incrementano l’efficacia aziendale e la compattezza del team di lavoro?
L’executive coaching individuale, dedicati a executive e middle manager di alto potenziale, e il team coaching, che agisce sulla forza del gruppo e l’esprit de corps, permettono di generare un cambiamento, di rafforzare le aziende, e di compattare i gruppi di lavoro. Come effettuare, in un certo senso, una terapia di agopuntura: agendo in certi punti si può risollevare un gigante. Quindi non coaching a pioggia, ma mirato, dove serve davvero. Per questo nel nostro lavoro siamo così attenti, per portare avanti la metafora, alla fase “diagnostica” iniziale, di definizione puntuale degli obiettivi del coaching.
Quali sono gli aspetti su cui occorre impegnarsi maggiormente per garantire una work experience ottimale?
Per una work experience ottimale, l’attenzione alla persone è fondamentale: un’attenzione vera, non solo cosmetica. Vedo troppi executive unicamente orientati ai risultati di breve, poco strategici e poco attenti davvero al loro team. Alla lunga tutto ciò non paga, le aziende implodono perché i team di lavoro sono poco coesi e davvero motivati.
L’attenzione alla persona è fondamentale per una work experience ottimale
Esiste concretamente la possibilità di “allenarsi al successo”?
Il coach nasce dal mondo dello sport, con l’obiettivo preciso di allenare al successo. A me piace dire che un executive coach aiuta le persone a dare il meglio di se stesse, non a raggiungere un successo eterodiretto a tutti i costi, ma a tirare fuori il loro vero talento, e a rafforzare le cose più positive che hanno dentro. Partiamo sempre rinforzando i punti di forza degli executive, più che sottolineando i gap. Una vera e propria installazione di risorse, spesso già dentro la persona, che fa anche stare meglio. Quando si sta bene con se stessi, anche in azienda, il successo non tarda ad arrivare.
In che modo si aumenta l’autostima dei dipendenti sul posto di lavoro?
L’autostima dei dipendenti si aumenta con la motivazione: non quella estrinseca, fatta di bonus come l’auto, che interessa ormai solo gli over 40 o over 50, ma quella intrinseca, fatta di una partecipazione quotidiana anche emotiva al progetto lavorativo. Un capo ispirante, che sappia mettere a terra la propria capacità ispirativa, sa motivare e di conseguenza fa salire il morale e l’autostima del team.
Coaching come elemento strutturale della cultura organizzativa aziendale
Quali sono le modalità di interazione migliori per rendere virtuoso e vincente il rapporto tra dirigente e dipendenti?
L’interazione migliore tra dirigente e dipendenti è quella che punta sulla leadership situazionale emotiva: sapere cioè adattare il proprio stile di leadership in funzione della situazione e di chi si ha davanti. In fondo, un buon dirigente oggi deve sapere essere un buon coach della propria squadra, sapere quando bisogna essere autorevoli e quando direttivi, quando usare uno stile e quando uno stile affiliativo e così via. E qui torniamo al punto iniziale della nostra intervista, il coaching come elemento strutturale della cultura organizzativa aziendale: e il cerchio si chiude.
Elisabetta Pasca