Diversity e Inclusion rappresentano uno dei mezzi cruciali per aiutare le aziende a rafforzare il proprio business ed avere un tasso maggiore di innovazione per affrontare i mercati globali: abbiamo approfondito il tema insieme a Roberto D’Incau, headhunter & coach dal background culturale e professionale internazionale. D’Incau è il fondatore di Lang&Partners, una delle più prestigiose società di consulenza HR italiane, trova fra le sue pietre miliari proprio la Diversity & Inclusion, intesa come modo di essere e di intendere il business.
In relazione al tema Diversity & Inclusion, che clima riscontriamo nelle aziende italiane?
Il clima è molto vario: se dieci anni fa di D&I non si parlava proprio, oggi se ne parla molto, soprattutto nelle aziende di derivazione internazionale e in quelle italiane più grandi, o dove c’è un management più sensibile al tema: esempio nelle sessanta aziende, tra cui Lang&Partners, che fanno parte di www.parksdiversity.eu. La stragrande maggioranza delle PMI italiane però ancora non si occupa, purtroppo, di D&I.
Come si può gestire il coming out in ambiente lavorativo?
Per fare coming out in modo spontaneo e rilassato bisogna in primis avere fatto i conti col proprio orientamento sessuale; soprattutto, però, bisogna poter contare su un ambiente lavorativo open minded, dove ad esempio le battutine da caserma sui gay (molto più frequenti di quanto non si pensi) non trovino spazio e vengano stigmatizzate. Io dico sempre che il linguaggio fa la realtà, un conto è dire “Il dr. XY è ricchione”, un conto è dire “Il dr. YZ è gay ed è sposato col suo compagno”.
La grande, triste verità è che la maggior parte del lavoratori LGBT Italiani (il 5-10% della forza lavoro) non lavorano ancora in aziende davvero inclusive.
In che modo occorre agire in azienda per far sì che la diversità possa essere vissuta appieno come valore aggiunto?
Bisogna lavorare sul cambiamento culturale: non basta dire “Per noi che un lavoratore sia etero o gay è indifferente”, bisogna lavorare sul cambiamento culturale sul tema in azienda. Un cambiamento effettivo, non solo cosmetico.
Formazione e cultura giocano un ruolo fondamentale: può indicarci un percorso educativo che possa favorire l’inclusione sul posto di lavoro?
Lang&Partners, la società di consulenza di cui sono CEO, offre ad esempio un vasto ventaglio formativo sul tema D&I: seminari sul tema delle diversity, group coaching per lavorare sui bias (pre-giudizi) individuali e di gruppo, formazione dei D&I council, coaching individuali sul management per lavorare sul superamento dei bias inconsci. Tutto questo, sia in aziende grandi che in aziende di dimensioni più contenute, laddove il top management ha capito che la diversity fa bene al business: favorire l’inclusione fa si che le risorse lavorino meglio, e favorisce il fatturato legato all’innovazione, che è direttamente proporzionale al livello di diversity del leadership team (vedi il recente studio di BCG sul tema).
In che modo è possibile costruire un gruppo di lavoro compatto, in un contesto variegato e ricco di differenze?
Farò un esempio: recentemente abbiamo erogato un seminario sul tema D&I in un’azienda cosmetica, dove apparentemente tutti erano fortemente “uguali”; in realtà, è emerso che tutti erano “diversi”, e si erano nella loro vita, per motivi diversi, almeno una volta, sentiti esclusi: chi per il peso, chi per il look, chi perché ciliaco, chi perché gay, chi perché di un background scolastico o culturale differente. La presa di coscienza, e l’affermazione chiara e sincera della propria specificità individuale, la propria diversity, ha creato in quel gruppo un legame fortissimo. Perché valorizzare le proprie differenze, e sapere che siamo tutti nella stessa barca, ci fa sentire molto più vicini, e ci aggiunge vero piacere al fatto di lavorare insieme. Finalmente, senza maschere inutili, tutti uniti per lo stesso obiettivi, uniti nella differenza.
Elisabetta Pasca