Il viaggio è uno dei topos centrali nella crescita culturale dell’umanità: il desiderio di scoprire posti nuovi non abbandona mai l’uomo di ogni tempo e di ogni luogo. Il sentimento così profondamente umano di spingersi sempre anche solo un pelo più in là rispetto al punto in cui ci si trova ha mosso nei secoli una gamma così varia di situazioni, dalla grande avventura al percorso interiore, da rendere questo tipo di esperienza del tutto imprescindibile rispetto tanto al macro racconto della Storia quanto al micro racconto dell’esperienza individuale. Ovviamente, l’avvento dei nuovi media e il processo stringente di globalizzazione ormai del tutto capillare nel pianeta hanno determinato dei cambiamenti profondi nell’insieme delle dinamiche che costituiscono questo tipo di esperienza, rendendola per certi versi più fruibile a tutti ma, a volte, anche troppo rarefatta e artificiale.
Eppure per comprendere meglio la realtà, immergersi nella galassia digitale non guasta: soprattutto se lungo il cammino virtuale si incontrano narrazioni, dalle più semplici alle più complesse, in grado di restituire il sentimento più vivido di una determinata località, difficilmente raggiungibile altrimenti. Prendiamo un paese come l’India, lontana ed enigmatica, culla di molteplici culture differenti. Lo sguardo dei blogger italiani è come un potente cannocchiale in grado di avvicinare ed amplificare atmosfere e sensazioni irripetibili.
“È stato calcolato che in India viaggiano ogni giorno più di 20 milioni di autoveicoli – scrive ad esempio Antonio (https://www.vagabondo.net/it/racconto-di-viaggio/leterno-movimento) – senza dimenticare i rickshaw a motore, i motorini, i tuc tuc a pedali, i carri trainati da buoi, cavalli, dromedari… Un traffico tentacolare, sfiancante, infernale, accompagnato da un continuo risuonar di clacson, macchine, motorini e risciò spuntano da ogni direzione… quasi rimpiango le code ordinate in tangenziale, le attese ai semafori, o quegli “scriteriati” che svoltano senza mettere la freccia. L’essenziale è non stare mai fermi, muoversi sempre, un eterno movimento che trova le sue origini nella millenaria mistica induista. È il samsara, spesso rappresentato proprio come una ruota in eterno movimento. Così come il complesso ciclo di nascita, morte e rinascita – il samsara è uno dei pochi concetti su cui concordano quasi tutte le scuole dell’Induismo – identifica un continuo passaggio da una forma all’altra, in base alla qualità morale del karman accumulato, allo stesso modo un viaggio in taxi o in tuc tuc attraversa le differenti fasi del samsara: si nasce alla partenza, si muore tutte le volte che l’autista tenta un sorpasso, e si rinasce quando alla fine si arriva a destinazione sani e salvi”.
“Il treno scivola lungo il binario verso Nuova Delhi – racconta invece Giampaolo.KABKA3 (https://www.vagabondo.net/it/racconto-di-viaggio/nandan-kanan-express) – lento ma costante attraverso gli sterminati campi dell’Uttar Pradesh. Grano e riso, canna da zucchero, lenticchie ed altre granaglie dominano il paesaggio fino all’orizzonte inframezzati da sporadici alberi e dai grossi bufali acquatici gonfi come otri. Come un giardino immenso, per la cura e la regolarità degli appezzamenti e il gradevole colore che ne viene, la campagna ordinata è tutta rivolta al sole, le colture ne assorbono i raggi e pure così, nell’enormità degli spazi, nella possibilità dell’occhio di spaziare indisturbato, l’entropia è palpabile: le montagne di dal, le vagonate di thali e tutte queste materie prime non fanno strano soltanto se rapportate ad abitanti e percentuale di vegetariani nella nazione; in più sparsi lungo tutto il viaggio con una buona frequenza si intravedono persone sole o piccoli gruppi intenti a lavorare, come spesso sorpresi senza alcuna apparente reazione a riconsegnare alla natura quanto assimilato. Tutta una rete di piccoli sentieri risponde all’eventuale domanda sulla provenienza di qualcuno lì nel mezzo del nulla, o forse sul lato opposto del binario che non vedo c’è uno di quei piccoli abitati che costeggiano la ferrovia, con i muri in terra su cui sono schiacciate ad essiccare le pizze di sterco da combustione e il passaggio a livello, già con una fila di mezzi di ogni genere in coda per l’attraversamento”.
E i viaggiatori-blogger possono portarci per mano persino nel cuore delle tradizioni e del folklore locale: “Il quinto mese del calendario hindu si chiama Shravan – scrive dyante su un sito dedicato ai viaggiatori indipendenti (https://www.vagabondo.net/it/racconto-di-viaggio/shravan-il-viaggio-di-buon-auspicio) – ed è considerato il mese più sacro e di buon auspicio dell’anno. Corrisponde alla fine del mese di luglio e la prima metà di agosto del nostro calendario. Comincia quando la luna è crescente e finisce quando è piena, il giorno di Purnima. Questo mese di buon auspicio è legato al dio Shiva e alla sua sposa Parvati. I luoghi di culto più sacri a Shiva si affollano di fedeli e pellegrini che offrono con immensa devozione fiori, incensi, acqua sacra e latte alle murti poste nel luogo più sacro del tempio. La leggenda racconta che in questo mese accadde un avvenimento molto importante per la creazione del mondo. Durante Shravan ebbe luogo il frullamento dell’Oceano di Latte. Durante il frullamento venne fuori un veleno pericolosissimo che rischiava di contaminare la creazione. Shiva accorse e inghiottì il veleno, trattenendolo in gola. Con il passare del tempo, il veleno cambiò l’aspetto di Shiva, colorando la sua pelle di blu. Per questa ragione gli venne attribuito il nome di Neelkantha; Gola Blu. Shiva indossò la luna crescente come diadema per ridurre l’impatto nocivo del veleno, mentre folle di dei e fedeli offrirono al dio acqua sacra del fiume Ganga per disintossicarlo”.
Insomma sul canale digitale viaggiano veloci le emozioni racchiuse nello scrigno di tesori del subcontinente indiano: basta affacciarsi ad una finestra virtuale per coglierle. E poi, di corsa: spegnere il pc, andare subito in agenzia e comprare un biglietto. Partire.
Elisabetta Pasca