Si può misurare la felicità dei lavoratori? Ci ha provato un’azienda americana realizzando un indice e un quadrante della felicità. L’Italia non ne esce proprio benissimo.
Quelli più felici sono i belgi e i norvegesi, nonostante due climi non particolarmente allettanti. Sotto questo punto di vista, va meglio ai costaricani, che occupano il terzo posto in classifica. Ma la top 10 dei paesi con i lavoratori più felici riserva qualche altra sorpresa. Per esempio, il fatto che vi compaiano Sud Africa (quinto) e Grecia (ottavo). O che perfino la Russia (decima) abbia scavalcato terre promesse come gli Stati Uniti, il Canada o paesi ruggenti come Singapore o Brasile.
Il punto è che quello che si propone di misurare il Global Workforce Happiness Index sviluppato da Universum, una company tra i leader mondiali nelle consulenze aziendali, è quanto lavoratori con alle spalle già una certa fetta di carriera sono soddisfatti delle condizioni di lavoro in cui si trovano. O meglio, quanto le loro aspettative si sono realizzate nel posto di lavoro che hanno al momento. Una misura, quindi, che serve a indicare più che altro quanto è più o meno probabile che un dipendente di un livello medio-alto decida di cambiare azienda perché insoddisfatto di quello che ha.
Per realizzare questo indice, Universum ha intervistato oltre 250 mila lavoratori in 55 diversi mercati mondiali. Il fatto che siano lavoratori navigati e che prevalentemente fanno un lavoro d’intelletto fa sì che le loro decisioni siano tendenzialmente guidate da prospettive di carriera e non dalle fluttuazioni del mercato o dalle crisi. Questo spiega, almeno in parte, la presenza così in alto della Grecia.
Ma Universum ha creato anche un indicatore più raffinato che non la semplice classifica. Lo ha chiamato il quadrante della felicità e vi ha collocato i diversi paesi a seconda di come si collocano rispetto a quattro dimensioni: arenati (stranded), soddisfatti (fulfilled), cercatore (seeker) e irrequieto (restless). Da questo risultato emerge come, per esempio, i tre paesi sul podio si trovino nel quadrante in alto a destra.
La posizione dell’Italia nel quadrante rispecchia i limiti di un mercato del lavoro bloccato e stagnante da diversi anni. Il nostro paese infatti è praticamente sopra l’asse verticale che separa i quadranti, in una posizione che è a metà strada tra cercatori e irrequieti. Come a dire, che si tratta di lavoratori che stanno attivamente cercando alternative e che non appena trovano condizioni migliori, lasciano l’azienda. Una situazione ben diversa dal dipendente soddisfatto fedele all’azienda che sarebbe l’ideale: soddisfatto il lato lavoratore, nessun concreto pericolo di abbandono per il datore di lavoro. La consolazione è che siamo molto vicini agli Stati Uniti, ma a parte Irlanda, Polonia e pochi altri, i paesi che ci circondano sono economie nettamente meno forti della nostra, come Pakistan, Ucraina e Ghana.
Secondo Universum, il loro Global Workforce Index è un esempio di come i big data potrebbero aiutare le aziende anche nel settore delle risorse umane. Vale soprattutto per grandi aziende, con molti dipendenti, ma in generale mette in evidenza quali sono i punti deboli di un mercato e dove la dirigenza può intervenire per evitare di perdere una risorsa importante per l’attività economica che svolge. (Fonte: WIRED)