*Paolo Del Panta è editore di All about Italy, magazine dedicato alle eccellenze italiane. Nato nel 1997 per sostenere la competitività delle imprese del nostro Paese sui mercati internazionali, All about Italy si è da sempre impegnato a promuovere la filiera italiana, diventando una vera e propria piattaforma specializzata che riunisce al suo interno importanti ambasciatori dell’italianità, rappresentando un esclusivo trait d’union tra la qualità del Bel Paese e il mercato straniero. Oggi la prestigiosa pubblicazione – che è stata anche testimone di importanti riconoscimenti, tra cui anche una medaglia celebrativa da parte della Presidenza della Repubblica Italiana consegnata in occasione del Gala Italia tenutosi a Monaco di Baviera – è distribuita in USA e in Germania, con due edizioni in lingua originale, pensate appositamente per i mercati di riferimento.
ALL ABOUT ITALY – Vincenzo de Luca, Direttore Generale per la Promozione del Sistema Paese: “aggregarsi è un vantaggio per tutti”
Rubrica a cura di Paolo Del Panta*
Si fa presto a dire "fare sistema": quello su cui occorre concentrarsi riguarda le azioni concrete da compiere per realizzare un’interconnessione proficua e virtuosa tra le diverse diramazioni che costituiscono la linfa vitale dell’Italia. In quest’ottica performativa e performante si collocano le intenzioni e gli interventi del Ministro Vincenzo de Luca, Direttore Generale per la Promozione del Sistema Paese, il quale intende sottolineare la necessità di introdurre un’ottica di sistema nel lavoro sui progetti di promozione italiana all’estero, unica vera strada per garantire il rafforzamento dei naturali punti di forza dell’Italia in ambito internazionale.
La Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese è nata nel 2011 con l’obiettivo di essere un’interfaccia per gli attori della politica economica estera, le associazioni e le aziende. Qual è il bilancio di questi primi 5 anni di attività?
Il primo bilancio è da considerare decisamente positivo, perché il Ministero degli Esteri e soprattutto la sua rete diplomatica e consolare si sono dimostrati un’utile interfaccia di tutto il sistema, sia dal punto di vista economico, che culturale, scientifico e tecnologico. L’idea della creazione di un’unica Direzione Generale Sistema Paese era appunto quella di promuovere un ruolo di aggregatore della rete diplomatica e consolare della Farnesina. Nel corso di questi anni i gradi di avanzamento sono stati molteplici: sicuramente sul piano economico siamo andati più avanti come sistema, grazie anche all’approvazione di un piano straordinario del Made in Italy, che prevede per la prima volta una consistente quantità di risorse per supportare l’internazionalizzazione delle nostre imprese. Ora stiamo cercando di avanzare allo stesso modo sul piano culturale, riunendo tutti i soggetti e favorendo una sinergia di sistema tra Ministero degli Esteri, Mibact, Miur, insieme alle agenzie di riferimento come gli Istituti di Cultura, la Dante Alighieri e l’Enit, che ad oggi si sta cercando di rilanciare perché vorremmo incanalare in un’unica attività tutto quello che è promozione turistica, culturale, scientifica. Il progetto che intendiamo portare avanti vede una sistemica promozione dell’Italia, non più divisa per segmenti. Quando riusciamo ad esprimere questa compattezza siamo imbattibili: un esempio lampante è stato rappresentato dall’Expo, mai si era verificata una così grande concentrazione di eventi di promozione per l’Italia. Abbiamo avuto più di 61 capi di Stato e di Governo, 280 ministri, 16000 imprese dall’estero che si sono incontrate con quelle italiane. Abbiamo pensato e conferito all’Expo quella caratteristica di grande piattaforma di promozione del Sistema Italia. Nulla vieta che quello che abbiamo fatto in occasione dell’Esposizione Universale non possa essere ripetuto nelle attività di promozione all’estero: nonostante le situazioni e i contesti diversi, dobbiamo comunque muoverci in maniera coordinata, soprattutto in Paesi complicati dove le piccole imprese italiane non hanno un’indipendenza internazionale forte, penso alla Cina, all’India o all’America Latina. Se in quei territori non ci si muove come sistema, i singoli non possono permettersi di affrontare da soli quelle dimensioni. Aggregarsi è un vantaggio per tutti: quando accade i risultati aumentano, anche per ciascuno dei componenti.
Lei ha assunto il 1° febbraio 2016 l’incarico di Direttore Generale, dopo aver ricoperto nella stessa Direzione altri importanti posizioni di responsabilità. Quali sono le linee guida che intende seguire nel nuovo ruolo e che marcia intende imprimere al suo mandato?
Il mio percorso professionale è molto particolare: sono diplomatico, ho avuto una lunga esperienza all’estero per alcune missioni, ma importanti sono stati anche i lavori svolti in grandi aziende, Eni e Enel, e per circa 20 anni sono stato a stretto rapporto con il sistema imprenditoriale. Questo ha influito molto sulla mia impostazione, perché ho cercato di dare alle nostre attività un metodo per alcuni punti di vista più manageriale, proponendo al Ministero una serie di progetti che diano il senso di una promozione integrata. Scegliendo quelli che sono i caratteri distintivi della qualità italiana, stiamo ad esempio sostenendo un progetto molto forte insieme alla Triennale e al Salone del Mobile: con tutte le associazioni e gli enti che si occupano di design, stiamo promuovendo molti eventi legati alle due manifestazioni e, per la prima volta, siamo riusciti con Federlegno a portare il Salone del Mobile in Cina, a Shanghai. Per noi il design è un elemento distintivo permanente di promozione del nostro Paese, motivo per cui costruiremo delle vetrine di design in tutto il mondo e ne faremo uno dei settori più importanti per la promozione della cultura italiana all’estero. Oltre al design, puntiamo molto sul food: siamo riusciti, insieme al Mipaaf, al Miur e al Mise, insieme ad Assocamerestero, a riunire tutti i grandi chef stellati e le varie federazioni dell’alimentare per creare un programma permanente di promozione della cucina italiana di qualità. Ogni anno dedicheremo una settimana intera ad eventi in tutto il mondo: in 130 Paesi sosterremo la cucina italiana insieme a 80 Istituti di Cultura, 130 Ambasciate, 70 consolati. Altro grande tema su cui stiamo lavorando insieme al Mibact è la promozione di un diverso approccio al turismo in Italia. Il nostro Paese può vantare un numero crescente di visitatori esigenti di qualità, che non vogliono più fermarsi alle solite destinazioni note. Noi intendiamo quindi allargare l’offerta: abbiamo un’Italia che è stata promossa nel corso dell’Expo come l’Italia dei territori, in cui si uniscono arte, ambiente, tecnologia, artigianato, lusso, moda. Ebbene, vogliamo far conoscere questi territori italiani ai milioni di visitatori che sempre più arriveranno in Italia: oggi abbiamo tanti nuovi Paesi che si apprestano a conoscere l’Italia, alcuni dei quali di dimensioni imponenti, come la Cina. È chiaro che il nostro è un Paese che genera attrazione, abbiamo uno stile di vita, una cultura, una capacità creativa e innovativa che non lascia indifferenti. Dobbiamo essere in grado di intercettare questa nuova domanda di Italia anche attraverso un’offerta turistica differenziata e più articolata sul territorio, più sofisticata, più tailor made sulle esigenze di nicchia, e vogliamo sempre di più attrarre il turismo di qualità, che guarda all’arte, alla cultura e alle bellezze del nostro Paese. Quindi design, cucina di qualità e turismo culturale sono tra le mie priorità, ma anche diffusione dell’arte contemporanea attraverso diverse esposizioni in tutto il mondo e con la promozione all’estero del nostro più grande evento del settore, la Biennale di Venezia. A ciò si aggiunge la valorizzazione della rete museale italiana, che passa anche attraverso un’intensificazione degli scambi tra musei italiani e internazionali.
Fare sistema all’estero è uno dei compiti che il Ministero si prefigge nella sua azione di promozione ed assistenza delle imprese italiane impegnate nell’esportazione. Quali sono le difficoltà da bypassare?
Le difficoltà sono di mettere insieme i diversi soggetti, trovare un filo comune, stimolare una fiducia di tutti nei confronti di un progetto dal quale ricavare vantaggi: questa è la vera sfida che dobbiamo affrontare. Nostro compito è riuscire a convincere tutti, vivacizzando gli interessi degli altri Paesi verso l’Italia.
La «business intelligence» condotta dalla Farnesina a sostegno delle imprese italiane passa anche dalla rete degli uffici di promozione all’estero tra ambasciate, consolati, Ice, Enit, Istituti italiani di cultura. Che tipo di coordinamento c’è tra le varie strutture per garantire il raggiungimento di un obiettivo comune?
Noi abbiamo un coordinamento istituzionale in Italia, con una cabina di regia che è stata istituita con legge del 2010, che funziona sistematicamente nel raccordo permanente che c’è tra il Ministero degli Affari Esteri, il Mise ed altri Ministeri che svolgono diplomazia economica. L’organizzazione passa anche da diversi roadshow sul territorio per informare le aziende su quelle che sono le opportunità, i rischi e le difficoltà della loro attività, presentando il quadro dei mercati su cui investire e come muoversi al loro interno. Questa è un’iniziativa molto innovativa che abbiamo promosso dal gennaio 2014 e, con 30 eventi circa in ogni parte d’Italia, abbiamo incontrato 8000 imprese. La Farnesina, in particolare, svolge un ruolo nodale nella promozione internazionale delle nostre imprese operanti in settori regolati dallo Stato, fra cui infrastrutture, energia, industria aerospaziale e difesa: si tratta di una missione fondamentale perché esplichiamo il massimo valore aggiunto della rete diplomatica e consolare, essenziale per accrescere la presenza delle imprese italiane in settori strategici di altri Paesi. L’intervento pubblico ha un effetto molto forte: non si tratta semplicemente di favorire l’esportazione, noi ci impegniamo a reperire partner, accompagniamo le aziende in un’opera di intelligence, curiamo i rapporti con le autorità. È questo il vero sostegno alle imprese.
Quali sono i mercati esteri su cui si concentreranno maggiormente le attività promozionali?
Secondo il piano straordinario del Made in Italy, le priorità per il 2015-2017 sono rappresentate dai Paesi che offrono un maggiore potenziale dal punto di vista dell’export: il Nord America, l’Asia, i Paesi del Golfo. Ma ci sono anche nuove situazioni in cui investire, per esempio l’Iran, dove stiamo lavorando con molta intensità per poter riprendere legami storici. Siamo tra i primissimi partner di questo Paese e vogliamo continuare ad esserlo. Stiamo sviluppando una nuova iniziativa, mai messa in atto prima in Africa, che vede l’impegno in tante missioni economiche, in alcuni casi promosse anche dal Presidente del Consiglio, dal Ministero degli Esteri o dal Ministero dello Sviluppo Economico. Stiamo costruendo importanti accordi, grazie anche al fatto che in Africa abbiamo alcune tra le più importanti aziende italiane, penso all’Eni – che è la prima azienda petrolifera di tutto il continente africano –, all’Enel – che sta sviluppando una presenza molto interessante sul territorio sulle energie rinnovabili – ma penso anche ad aziende di costruzioni come il Gruppo Salini, che in Etiopia ha realizzato opere civili importantissime. Ecco, stiamo creando una presenza nuova anche in Africa che, sebbene non esprima un potenziale di crescita dell’export nell’immediato, resta comunque un continente che da qui a 5-10 anni può rappresentare per noi una grande opportunità.
Poche settimane fa è stato firmato il protocollo d’intesa per la valorizzazione all’estero della cucina di qualità, che vedrà un impegno sinergico di tutte le iniziative di promozione e comunicazione a livello internazionale, pensate anche per contrastare con forza il fenomeno dell’italian sounding.
Questo progetto ha tante motivazioni. Prima di tutto vogliamo portare avanti la missione di Expo, che è stato anche il successo della grande tradizione della cucina italiana. Siamo una straordinaria eccellenza alimentare con un potenziale enorme ancora da sviluppare. Alcune delle nostre piccole imprese del settore hanno fatto fatica ad arrivare nei grandi mercati e nelle grandi catene di distribuzione: questo ha lasciato spazio al prosperare dell’italian sounding. Noi dobbiamo contrastare il fenomeno facendo arrivare di più i nostri prodotti sugli scaffali dei grandi supermercati, in America, in Asia, dappertutto. Dobbiamo inoltre saper promuovere il valore del nostro approccio culturale all’alimentazione: noi non pensiamo più al cibo solo come mero nutrimento, ma anche come fonte di miglioramento delle condizioni di salute. Siamo gli unici a poterlo fare: siamo il Paese della sicurezza alimentare, della più avanzata agricoltura biologica, siamo il paese che ha saputo recuperare i valori del territorio. Tutto questo è necessario saperlo raccontare nel programma di promozione della cucina italiana di qualità: abbiamo dei grandi testimonial, che sono i nostri chef, ma lo solo anche tutti coloro che guardano all’Italia con grande attrazione per quello che sappiamo fare. Per noi il lusso, la moda, la gastronomia, il design, fanno parte di un’idea del bello che l’Italia riesce forse a esprimere meglio di tanti altri Paesi.
E cosa intendete fare per la difesa dell’etichettatura del Made in Italy?
Questa è una partita che si gioca in ambito europeo e con altri grandi complessi politici a livello internazionale. Noi continuiamo a batterci negli accordi commerciali per affermare la tutela dell’origine del prodotto e della qualità del prodotto, ma ci rendiamo conto che non basta un’azione in ambito negoziale, dobbiamo essere sempre più efficaci nella promozione. Sono convinto che anche in assenza di un quadro internazionale, che naturalmente noi sollecitiamo e auspichiamo, sia comunque fondamentale essere capaci di dire al consumatore che noi garantiamo qualità e origine del prodotto. Se c’è un settore in cui l’Italia è andata a grande velocità, quello è indubbiamente l’alimentare. Dobbiamo solo crescere di più nella capacità di distribuire tutto ciò nel mondo: è questa la vera sfida.
Cosa manca ancora al Sistema Italia per liberarsi di quella patina che troppo spesso lo contraddistingue e da quale punti forti deve ripartire?
Sul piano dell’internazionalizzazione dell’impresa siamo andati avanti, dovremmo seguire questo metodo nel resto della promozione culturale, scientifica e tecnologica. Diventa necessario lavorare come sistema su progetti, avere degli obiettivi e misurarne l’impatto. Tutto questo dobbiamo cercare di renderlo sistemico: individuare i propri punti di forza e portarli avanti in maniera chiara e compatta è l’unica vera strategia per andare avanti e avere successo.