L’Irlanda ha garantito a Apple la cifra record fino a 13 miliardi di euro di benefici fiscali illegali secondo le regole Ue sugli aiuti di Stato. Dublino deve ora recuperarli. Questa la decisione presa dall’Antitrust Ue al termine dell’indagine sul gigante di Cupertino. L’accordo fiscale con l’Irlanda, ha affermato la commissaria Ue alla concorrenza Margrethe Vestager, ha consentito alla Apple di pagare imposte di appena l’1% sui profitti Ue nel 2003, scese addirittura allo 0,005% nel 2014.
Confermate quindi le supposizioni della stampa che in questi giorni avevano parlato dell’imminente arrivo di una sanzione miliardaria. L’inchiesta, spiegava ieri l’agenzia, era stata aperta a giugno 2014 ancora sotto l’ex commissario alla concorrenza Joaquin Almunia, insieme a quelle sui tax ruling concessi a Starbucks dall’Olanda, a Fiat Finance & Trade dal Lussemburgo, mentre qualche mese dopo, a ottobre, era stata aperta quella su Amazon sempre legata al Gran Ducato. La commissaria Vestager, che ha ripreso le redini delle indagini, a ottobre dell’anno scorso ha portato a conclusione le indagini su Fiat e Starbucks, ritenendo le agevolazioni fiscali concesse come di fatto aiuti di stato che le avvantaggiavano in modo illecito rispetto alle altre società, e a versare quanto non pagato per un totale di 20-30 milioni di euro ciascuno. La commissaria ha poi aperto lo scorso dicembre un’indagine sul trattamento fiscale di favore concesso a McDonald’s ancora una volta dal Lussemburgo.
La Commissione Ue, spiega Ansa, può chiedere di recuperare aiuti di stato illegali per un periodo di 10 anni retroattivo a partire dalla prima richiesta di informazioni inviata alla Apple, che è avvenuta nel 2013. Ora l’Irlanda deve recuperare le tasse non pagate da Cupertino per gli anni che vanno “dal 2013 al al 2014, fino a 13 miliardi di euro più interessi”. Di fatto, il trattamento fiscale riservato alla Apple da Dublino le ha consentito per anni di evitare di pagare le tasse sui profitti generati dalle vendite nell’interno mercato unico Ue, grazie alla decisione presa dalla società di registrare tutte le vendite in Irlanda, invece che nei paesi Ue dove i prodotti erano effettivamente venduti. Questa struttura fiscale, però, spiega la Commissione, è “tuttavia al di fuori della competenze del controllo Ue sugli aiuti di stato”, per questo “se altri Paesi” europei ora “richiedessero a Apple di pagare più tasse sui profitti” relative allo stesso periodo temporale sotto le loro regole fiscali “questo ridurrebbe la somma da recuperare per l’Irlanda”.
Apple in sostanza ha “spostato artificialmente i profitti” di Apple Sales International su “sedi centrali che esistevano solo su carta“, ha detto ancora Vestager. Non sono previste multe per la società statunitense, ma Vestager ha tenuto a sottolineare che “l’Irlanda ha permesso l’esistenza della cosiddetta ‘compagnia senza Stato’”. ”Spetterà al 100% all’Irlanda decidere se fare ricorso o meno” contro la decisione della Commissione Ue.
“Tutti i Paesi Ue e anche quelli fuori dall’Ue possono fare uso dei nostri dati” raccolti durante l’inchiesta su Apple, ha detto ancora la commissaria Antitrust, spiegando che una delle due società fittizie registrate in Irlanda dove Apple faceva convergere i profitti provenienti della vendita dei prodotti in Europa raccoglieva anche quelli dei mercati di Africa, Medio Oriente e India.
“L’obiettivo a lungo termine deve essere che tutte le imprese, piccole o grandi, paghino delle tasse dove generano profitti“, ha spiegato. “La Ue non puo’ arrivare da sola a questo obiettivo. Servono cambiamenti sia nella filosofia di impresa sia nella legislazione, in modo da assicurare maggiore trasparenza. A livello internazionale, il G20 e l’Ocse hanno fatto passi avanti importanti verso questo obiettivo, e anche nella Ue i miei colleghi Moscovici e Dombrovskis hanno fatto cambiamenti significativi, proponendo nuove norme”.
“Con gli Usa condividiamo lo stesso approccio di Ocse e G20 nella lotta all’evasione fiscale e gli stessi valori di una tassazione equa nei confronti dei cittadini”, ha poi detto rispondendo a chi le chiedeva dello scontro con il Tesoro Usa che nel White paper ha accusato Bruxelles di essere andata oltre le sue competenze fiscali. “Non abbiamo cambiato nessuna regola, si tratta solo di tasse inevase che devono essere pagate, non è retroattività”, ha sottolineato. “Quando vedo il lavoro che stanno facendo i miei colleghi Katainen per il Piano Juncker e Bienkowska per il mercato interno, non sono preoccupata” per il futuro degli investimenti di Paesi terzi e in particolare Usa in Europa, ha ribadito a quanti ritengono che la decisione possa ora bloccare gli investimenti nell’Ue. “Gli aiuti di stato sono aiuti di stato, non importa in quale forma”, e su questo le regole Ue sono chiare, e “già il mio lontano predecessore Mario Monti” – che comminò la prima maxi multa europea a un gigante hi-tech americano, Microsoft – “mise una forte enfasi su questo” aspetto. Senza che abbia avuto poi un impatto sugli investimenti in Europa.
Immediate le reazioni dei diretti interessati con l’Irlanda che, per bocca del ministro delle Finanze Michael Noonan si è subito definita “in profondo disaccordo con la Commissione” sulla pesante penale inflitta. “Tale decisione – ha annunciato – non mi lascia altra scelta che cercare l’appoggio del governo per fare appello” dinanzi alla Corte europea affinché sia rovesciata. Sulla carta il Paese è beneficiario dei 13 miliardi di euro di tasse non pagate che l’Ue, con il suo provvedimento, ordina ora al gigante Usa di versare: una somma pari all’intero bilancio della sanità del Paese. Ma secondo il ministro quel denaro non va accettato poichè la priorità di Dublino deve essere in questo frangente quella di difendere la propria sovranità in materia di tassazione e le migliaia e migliaia di posti di lavoro che Apple garantisce nel suo quartier generale di Cork. “Occorre mandare un forte messaggio: l’Irlanda resta un luogo attraente e stabile da scegliere per investimenti rilevanti di lungo termine”, scrive Noonan ricordando che la holding portata al successo dal defunto Steve Jobs è presente in terra irlandese fin dagli anni ’80. Aggiunge poi che “è necessario difendere l’integrità del nostro sistema di tassazione, dare certezza fiscale al business e contrastare l’invasione di campo delle regole europee sugli aiuti di Stato nelle prerogative sulla tasse dei membri sovrani” dell’Ue.
“La Ue punta a riscrivere la storia di Apple in Europa, ignorare le leggi fiscali dell’Irlanda e rovesciare il sistema fiscale internazionale”, il commento di Cupertino in una nota, citata dal Financial Times. “Il caso della Commissione non riguarda l’ammontare delle tasse che paga Apple, ma quale governo incassa i soldi”, prosegue il colosso informatico, avvertendo che la decisione “avrà profonde conseguenze sugli investimenti e posti di lavoro in Europa”. Apple “paga tutte le tasse, faremo appello e siamo fiduciosi di vincere”.
“Il parere della Commissione sostiene che l’Irlanda avrebbe riservato a Apple un trattamento fiscale di favore. È un’affermazione che non trova alcun fondamento nei fatti o nella legge. Noi non abbiamo mai chiesto, né tanto meno ricevuto, alcun trattamento speciale“, ha sottolineato l’ad di Cupertino, Tim Cook, in un messaggio alla comunità Apple in Europa.
“Come azienda ci comportiamo da cittadini responsabili e siamo altrettanto orgogliosi di contribuire al benessere delle economie locali in tutta Europa e delle collettività in tutto il mondo”, scrive Cook, sottolineando che “crescendo anno dopo anno, siamo diventati il maggior contribuente in Irlanda, il maggior contribuente negli Stati Uniti e il maggior contribuente al mondo”. “Negli anni, ci siamo avvalsi delle indicazioni delle autorità irlandesi per rispettare le normative fiscali del Paese, le stesse indicazioni che qualsiasi azienda attiva in Irlanda ha a disposizione. Come in tutti i Paesi in cui operiamo, in Irlanda rispettiamo la legge e versiamo allo Stato tutte le tasse che dobbiamo”.
“Ora ci troviamo in una posizione anomala: ci viene ordinato di versare retroattivamente tasse aggiuntive a un governo che afferma che non gli dobbiamo niente più di quanto abbiamo già pagato”. ”La tassazione delle aziende multinazionali è una materia complessa, ma tutto il mondo riconosce lo stesso principio fondamentale: i profitti di un’azienda devono essere tassati là dove l’azienda crea valore. Apple, l’Irlanda e gli Stati Uniti concordano su questo principio”, ha aggiunto. “Nel caso di Apple, quasi tutte le operazioni di ricerca e sviluppo si svolgono in California, quindi la stragrande maggioranza dei nostri profitti è tassata negli Stati Uniti. Le aziende europee che operano negli Usa sono tassate secondo lo stesso principio. Eppure, oggi la Commissione sta chiedendo di modificare retroattivamente queste regole”. ”Apple è da tempo a favore di una riforma delle normative fiscali internazionali, con l’obiettivo di avere più semplicità e trasparenza”, ma “riteniamo che questi cambiamenti dovrebbero essere introdotti nel rispetto delle procedure legislative, a partire da proposte discusse dai leader e dai cittadini dei Paesi interessati”. E come tutte le leggi, ha rimarcato l’ad di Apple, “le nuove norme dovrebbero valere da quando entrano in vigore, non retroattivamente”. Cook promette di non rinunciare all’impegno di Apple in Irlanda. “Vogliamo continuare a investire, a crescere e a servire i nostri clienti con passione immutata”. “Siamo fermamente convinti che i fatti e i consolidati principi giuridici su cui è fondata l’Unione Europea finiranno per prevalere”, conclude.
“Le azioni della Commissione europea potrebbero minacciare gli investimenti stranieri, il clima degli affari in Europa, e l’importante spirito della partnership economica tra Usa e Ue”, il commento del Tesoro Americano.