Per alcuni economisti, la crisi finanziaria è una brutta pagina da buttarsi alle spalle e che un po’ di ottimismo aiuterebbe la ripresa. Eppure sfiducia o no, il fantasma della crisi si aggira ancora nelle case dei consumatori e costringe gli investitori ad un atteggiamento cauto. E, infatti, il mercato pubblicitario nel 2009 ha subito inevitabili flessioni, negli Usa come in Europa. A soffrire maggiormente è stata la Spagna con il -14%, seguita da Gran Bretagna con -5%, e il Nord America con un -9,4%. Ma a fronte di un rallentamento generale, i Paesi emergenti hanno dimostrato una rapida ripresa: l’India ha registrato un +25% e la Cina un +17%, di cui l’85% destinati alla tv.
Chi investe di più in pubblicità
È sostanzialmente invariata la classifica, per il 2009, dei big spender nel mercato italiano che vede in testa Ferrero, Wind, Unilever, Vodafone, Tim, Procter&Gamble, Barilla, Volkswagen, L’Oreal e Telecom con investimenti pari a 1.212 milioni di euro e un calo del -6,6% sul 2008. E le cose non cambiano spostandosi all’estero. P&G, ad esempio, è al primo posto negli Usa e vanta posizioni prestigiose anche in altri Paesi, stesso discorso per Unilever. Sono finiti i tempi in cui le imprese, mostrando ingenuità, in periodi di recessioni tagliavano la spesa alla voce “advertising”. Piuttosto, hanno compreso che la pubblicità non è mai un costo ma semmai un investimento. E che i competitors più deboli ragionano allo stesso modo, abbandonano la scena. La concorrenza diminuisce, la visibilità aumenta e una volta superata la crisi il consumatore saprà già a chi rivolgersi.
Investire si ma con parsimonia: la crisi non risparmia nessuno
C’era da aspettarselo: il settore dell’automotive, da sempre al comando delle classiche mondiali per spesa pubblicitaria, segna una battuta d’arresto (-15,1%). General Motors , che fino a qualche anno fa figurava tra i primi 5 big Usa, nell’ultima lista non compare neanche tra i primi 20. E così anche per le altre case automobilistiche. Male anche Abbigliamento e Finanza & Assicurazioni. A trarne benefici sono stati i settori dei beni di largo consumo (+10,6%) – soprattutto beverage e food – Personal care e Distribuzione.
E-Advertising: una scommessa sicura
Si sa, non tutto il male viene per nuocere. Dalla recessione degli ultimi due anni un trend positivo è emerso: gli investimenti pubblicitari continuano a premiare i canali digitali rispetto a quelli tradizionali. Un cambiamento già in atto ma che la crisi ha accelerato vertiginosamente. E a parlare sono i dati. Nei primi mesi del 2010, negli Stati Uniti si è verificato lo storico sorpasso dell’e-Advertising sulla tv. Del resto, negli Usa, la flessione è del -2,7% per tutti i media tradizionali, ad eccezione della tv via cavo. Il motivo è presto detto. La pubblicità online ha costi ridotti, soprattutto rispetto a cinema e tv. Internet offre tante soluzioni personalizzabili, da banner a community, da siti aziendali a viral marketing . In Italia, a fine 2009 il 36% degli investitori erano già emigrati sulla Rete e i primi dati relativi al 2010 confermano l’andamento positivo. Non si può dire lo stesso per Tv, quotidiani e periodici che hanno chiuso il 2009 con gravi perdite: la Stampa è scesa del -21,6% e i Quotidiani a pagamento del -16%.
Conclusa o no, la crisi economica sembra aver creato due orientamenti: da un lato ha favorito i big spender, ossia le grandi multinazionali che, non senza sforzi, hanno continuato a presenziare il mercato; dall’altro ha accelerato il passaggio al web, dando così possibilità anche alle imprese più modeste di reclamizzare i propri prodotti. Ora resta da capire se i consumatori si dimostreranno pronti per le nuove tecnologie o ancora legati alla vecchia cara pubblicità.
Federica Vagnozzi