Ho appena parcheggiato la DeLorean DMC-12 proprio davanti all’ala Nord della Fiera Milano Congressi. È il giorno della plenaria dello IAB Forum, martedì 24 novembre 2020. Piove, ma entro velocemente senza fare file e stampare o mostrare pass, perché il mio iPhone 10 ha la app di IAB che attiva le credenziali NFC.
Salgo sulle scale mobili e mi ritrovo nella platea, gremita all’inverosimile. Anche se è tutto live streaming HD, la community digital da vent’anni ama ritrovarsi questa mattina allo IAB. E non è merito dei pasticcini e del caffè solubile, quelli sono sempre uguali, da anni. Alzo lo sguardo e le slide 3D scandiscono le parole chiave, sempre le stesse, come i pasticcini: mobile first, il programmatic al centro di tutti i piani, la viewability è la currency, attenzione all’ad blocking, i Dati sono la vera merce di valore, l’e-commerce cresce a doppia cifra. Non è un déjà vu. Sono effettivamente le stesse parole, ma devo dire, vedo finalmente numeri seri: la navigazione da desktop è il 20% del traffico web. Il programmatic è oltre due terzi del buying. La viewability la danno per scontata tutti, anche i publisher, quei pochi, grandi, che sono rimasti sul mercato. Gli ad blocking sono arrivati al 40%, ma è aumentato anche l’uso del native adv, che li raggira.
Tutte le aziende medie e grandi hanno una DMP proprietaria e i loro giovani Data Scientist sfornano dei perfetti segmenti di utenti, processando alla perfezione dati del CRM, compresi quelli provenienti dai negozi fisici, e i dati da campagne di pubblicità, anche da quelli che una volta venivano chiamati mezzi off line (TV, OOH, Radio, Cinema, Stampa. Ma non quella cartacea, che ormai comprano solo i settantenni). Il programmatic, inteso come acquisto automatizzato delle inventory, è usato per comprare tutti i mezzi di comunicazione. Anche se il vero programmatic, quello fatto in tempo reale (RTB) guidato dal dato, è disponibile solo su Internet e mezzi che usano Internet (TV, Radio, Stampa). Amazon ti porta a casa frutta e verdura fresca in giornata, non solo a Milano. Ma non con il drone, hanno sospeso il servizio per i troppi furti.
Ecco una bella notizia. Finalmente, anche nel Belpaese, il 100% della popolazione ha potenzialmente accesso a 30 mega bps (FTTC) e il 50% a 100 mega bps (FTTH). C’è voluto il cambio massivo di tutti i contatori Enel italiani per arrivare a questi numeri. Ma è quel “potenzialmente” che nasconde un’altra verità: le persone che sfruttano questa risorsa sono purtroppo solo metà degli italiani. Quasi tutti invece usano Internet dal proprio smartphone accontentandosi dei 15-20 mega bps (LTE) offerti dal proprio operatore 4G, con delle scontatissime offerte dati (ormai la voce è una commodity, non si paga più come gli sms, usati solo dai cinquantenni), il cui costo viene spesso dimezzato dalla pubblicità. È un po’ meno fastidiosa di quella vecchia, perché è molto profilata e quindi rilevante. E la riceviamo su tutti i nostri device connessi, compresi alcuni elettrodomestici (circa un quinto degli italiani ha diverse things connesse a Internet). Le Telecomunicazioni, sempre in guerra tra loro e svenate per gli investimenti del 5G in lancio a inizio anno prossimo (sarà 20 volte più veloce del 4G), si sono dovute inventare delle fonti di ricavo alternative: ad esempio, sono oggi lo standard di certificazione delle inventory web e hanno quasi sostituito le carte di credito nei micro pagamenti.
Ma sapete la cosa che mi ha colpito di più? Non esistono più i centri media. Pazzesco. Erano le società con i più alti EBITDA dell’intera catena. Ma in realtà non è che hanno chiuso tutti. Si sono trasformati, fusi con società che fanno content marketing, producono pubblicità, ricerche, consulenza, IT. In pochi, credo tre, continuano a fare solo pianificazione e buying, ma sono realtà di nicchia per clienti tradizionalisti. Probabilmente in questi anni molti inserzionisti si sono chiesti: perché pagare un’agenzia che ti gestisce campagne fatte su due o tre concessionarie? Per altro completamente automatizzate? Facebook e Google infatti si mangiano l’80% della torta digitale (e raggiungono il 100% delle audience), ma almeno oggi pagano anche le tasse. E quei 10 editori che si dividono purtroppo le briciole, circa 400 milioni di euro, sono tutti connessi con SSP ai mercati online. I loro venditori sono praticamente spariti. Ora si chiamano consulenti, hanno forti competenze tecniche e aiutano le aziende a fare i PMP.
Le società più grandi si sono fatte il centro media in casa, assorbendo una buona parte del personale in uscita dalle agenzie: hanno tutte il loro trading desk interno e gestiscono la pubblicità attraverso diverse DSP, con le quali comprano display e video ovunque (TV compresa) e usano Search e Facebook in self service. Il social network di Mark è diventato un ambiente enorme e totalmente chiuso (se sei un inserzionista e vuoi comprare pubblicità su Facebook, devi usare Facebook; se sei un utente, li dentro trovi tutti i contenuti che ti piacciono e tutti i tuoi amici, perché uscire?). Twitter è quasi sparito, lo usano solo i giornalisti e qualche celebrità, perché è figo. D’altra parte le PMI italiane, notoriamente tra le più veloci e scaltre del mondo, ormai da anni usano solo Facebook e Google per fare advertising: sono facili da usare e portano risultati immediati.
Si è fatto tardi, mi gira un po’ la testa. Ritorno al 2016 con la mia DeLorean e corro ad aprire un bel vivaio.