Nel palinsesto di Real Time trovano spesso spazio programmi che danno voce a chi molte volte non ne ha: show televisivi che accendono i riflettori, in maniera anche “ironica” e mai polemica, su persone che vivono storie di ordinaria quotidianità, una quotidianità che per molti risulta trasparente. Come il programma “Di fatto, famiglie”, andato in onda il 31 gennaio. Questo speciale televisivo ha narrato la storia di sei famiglie arcobaleno, composte cioè da genitori omosessuali con uno o più figli. La narrazione di questi nuclei familiari ha avuto luogo proprio il giorno dopo il Family Day, aumentando dunque l’importanza del progetto. Non perché si volesse affermare una particolare tesi, ma per dare “dei diversi punti di vista su una realtà che, al di là delle opinioni, esiste e riguarda migliaia di famiglie nel nostro Paese”: così ci racconta Gory Pianca, direttore creativo di YAM112003 (l’agenzia di comunicazione che si è occupata di produrre il progetto). Con lui abbiamo parlato di questo programma, del successo riscontrato e di quanto possano incidere significativamente iniziative di questo tipo.
“Di fatto, famiglie”: intervista a Gory Pianca, direttore creativo di YAM112003
Lo speciale andato in onda il 31 gennaio su Real Time, “Di fatto, famiglie”, è arrivato in un momento delicato come quello attuale, con la discussione in Aula del disegno di legge Cirinnà. Crede che la televisione possa essere ancora uno strumento fondamentale per approfondire temi così complessi?
Credo che la tv possa e debba dare un contributo. Non penso che la comunicazione televisiva abbia il compito di proporre una tesi, ma può sicuramente dare il proprio apporto utile al dibattito pubblico. Il prodotto in questione, visto il periodo nel quale è stato messo in onda, è stato percepito con un significato particolare. Noi, come casa di produzione, abbiamo le idee chiare riguardo l’opportunità che ora il nostro Paese ha di adeguarsi agli standard europei in materia di diritti civili. Crediamo che nel nostro piccolo anche questo progetto può aver avuto senso. La quantità di messaggi e commenti che ho letto sui social, poi, mi dà testimonianza di ciò: il pubblico ha capito il senso dell’operazione. Sono stato felicemente sorpreso di vedere gente davvero contenta per questo programma, come se fosse frutto di un servizio pubblico. Non volevamo fare un programma a tesi, ma dare dei diversi punti di vista su una realtà che, al di là delle opinioni, esiste e riguarda migliaia di famiglie nel nostro Paese. Noi abbiamo solo raccontato le loro storie, poi il parere spetta agli altri. Il messaggio che è passato credo sia stato soprattutto di normalità e di affetto tra i protagonisti di queste vicende. C’è stato un ottimo risultato, sia dal punto di vista degli ascolti che nella capacità di lasciare un segno e di coinvolgere emotivamente il pubblico.
Parlare di un argomento come questo comporta sicuramente delle accortezze ulteriori. Quali sono state le principali difficoltà che avete riscontrato nell’approcciarvi a un progetto come “Di fatto, famiglie”?
Abbiamo iniziato a lavorarci su già un paio di anni fa: sentivamo che era arrivato il momento per affrontare un tale tema. A quel tempo però non era così facile trovare gente che avesse voglia di raccontarsi, di esporsi. Siamo stati sostenuti in questo dalle varie associazioni LGBT, come Famiglie Arcobaleno, che ci hanno aiutato nella ricerca di coloro che potevano essere contattati per entrare in questo progetto. Per quanto riguarda la modalità del racconto, devo dire che abbiamo trovato in Discovery un partner assolutamente allineato con il nostro punto di vista, e infatti abbiamo lavorato molto bene insieme. Hanno costruito un ottimo progetto di comunicazione: il fatto stesso di mandarlo in onda il giorno dopo il Family Day è un forte segnale di presa di posizione. L’operazione dunque è riuscita non solo per la forza intrinseca al programma, ma per il contesto nel quale Discovery e Real Time hanno deciso di collocarlo.
YAM112003 è particolarmente vicina a tematiche come quella dei diritti LGBT: avete infatti supportato anche i Diversity Media Awards.
Sì, assolutamente: è un tema che ci sta molto a cuore, sia per ragioni personali che professionali. Per me, fare questo programma ha significato non solo concentrarmi su un prodotto che, ovviamente, rispondesse a una logica aziendale, ma anche poter esprimere le mie personali convinzioni, che a quanto pare hanno riscontrato l’appoggio del pubblico. Si è trattato di un felice caso in cui gli obiettivi professionali hanno incontrato le passioni e le opinioni personali.
Crede che in Italia i media diano abbastanza e adeguato spazio a programmi di approfondimento come il vostro?
Direi di sì, nel senso che un argomento come quello dei diritti LGBT, soprattutto oggi, ha attirato su di sé l’attenzione di ogni canale televisivo. Noi l’abbiamo affrontato forse in maniera un po’ diversa, perché se è vero che l’argomento è molto trattato, bisogna riflettere su come ciò viene portato avanti: far scatenare chi appoggia posizioni contrastanti in un talk show non credo possa portare a dei risvolti positivi, per nessuno. Quindi non bisogna fare solo una questione di quantità, ma anche di qualità, legata al linguaggio e al tipo di approccio culturale che si fa.
Quali sono i criteri che vi portano a decidere se sposare o no un progetto?
C’è una logica sicuramente d’affari, quindi concentrarsi su progetti che incontrino l’appoggio di un pubblico e di un mercato. Sarei ingenuo a dire che questo non sia il primo criterio di valutazione: ci chiediamo sempre a chi possa interessare un contenuto su cui stiamo lavorando. Se poi l’argomento è particolarmente appassionante, meglio, ma comunque l’importante è fare le cose per bene, nel rispetto di chi lo vedrà e di chi ci commissiona il lavoro.
Come scegliete la giusta strategia creativa nell’approcciarvi a un nuovo progetto?
Noi di YAM112003 lavoriamo tipicamente su format originali, che sviluppiamo internamente. Siamo una bottega artigianale: lavoriamo su idee nostre e cerchiamo di costruirvi una struttura televisiva. Abbiamo a che fare con diversi autori, che magari sono invitati a lavorare su uno spunto che nasce internamente e necessita di uno sviluppo; poi produciamo un trattamento a cui può seguire un promo girato o uno sviluppo di personaggi, del cast e così via. Infine presentiamo il pacchetto alle reti che pensiamo possano essere interessate al prodotto.
Quali sono i progetti che avete in cantiere in YAM112003? Può farci qualche anticipazione?
Posso dire che stiamo lavorando a un programma sulla cucina per un grande network internazionale, una versione originale di uno show cooking che chiama in causa il mondo della distribuzione alimentare. Inoltre, visto il successo delle prime due edizioni, stiamo portando avanti la nuova stagione di Top DJ.
Lucia Mancini