Comunicazione di crisi mediatica: In un mercato fluido e interconnesso come prevenire, mitigare e gestire una crisi, il mio intervento al Convegno di ANDEC – Associazione Nazionale Importatori e Produttori Elettronica di Consumo (seconda parte)
Nell’era della Reputation Economy quali skill bisogna migliorare? Quale lo scenario nel quale si inserisce la nostra attività? Quali le strategie da attivare?
Siamo in piena Reputation Economy, in cui la reputazione, asset intangibile, genera valore all’impresa, un concetto nuovo che sta ad indicare quell’insieme di valori e comportamenti sociali che influenzano il potere contrattuale dell’individuo o dell’azienda. Corporate Communication e Brand Reputation oggi sono diventati indici di valore di un’azienda di qualità. Nuove competenze da mettere in campo, dunque, come la capacità di ascolto, di analisi, di verifica, quella della gestione di un team, autocontrollo e problem solving sono le più richieste dal mercato in grado di intervenire tempestivamente e con le strategie corrette.
Oggi è più che mai necessario un monitoring costante per rendersi conto immediatamente di una crisi imminente o in essere, in grado dunque di allertare il team crisi pronto all’azione, e preparato per seguire protocolli di lavoro e per confezionare i contenuti già pronti per essere divulgati.
Una comunicazione che non si improvvisa, ma che si attiva dopo attenta pianificazione, analisi, mappatura delle possibili criticità e costruzione di contenuti “robusti” pronti per essere personalizzati con il dettaglio dell’ultimo minuto.
Nulla oggi può essere lasciato al caso, tutto deve essere organizzato, pianificato e programmato per una tempestività necessaria alla reazione migliore.
Il contenuto è studiato, scritto e condiviso come se fosse un’attività di routine, ma poi viene archiviato e usato al momento giusto, se mai arriverà. Un’attività che non sempre viene compresa, ma che nel momento di maggiore intensità, rappresenta la soluzione fondamentale per limitare i danni di immagine e conseguentemente economici.
Internet e i social media sono amplificatori contestualmente di opportunità e rischi, devono servire a generare valore reputazionale, ma nel medesimo tempo possono diventare de-costruttori di valori.
Perché le crisi social sono le più complicate da gestire? Il pubblico che partecipa alla vita social è ampio e articolato, non governabile con la razionalità, ma attraverso sistemi e strategie di mitigazione distribuita. Qui le crisi si possono generare o possono degenerare in uno sfogatoio in cui vince chi urla di più. E’ proprio per queste caratteristiche che un network di crisi diventa strumento strategico fondamentale.
Poiché non esiste una tutela al 100% che rende immuni alla crisi mediatica è fondamentale costruire la strategia migliore per gestire con un team efficace la situazione.
Ciò che possiamo imparare è imparare a mappare i concetti chiave perché non esistono solo i concetti a favore del business ma anche quelli a suo sfavore, e proprio questi vanno presidiati in maniera attenta e puntuale. Avere sotto controllo a trecentosessanta gradi l’attività significa essere in grado di intervenire, mitigare e risolvere. Una mappatura concettuale e semantica è dunque la migliore strategia perché ci permette di non tardare, non avere una visione parziale, essere pronti con tutele legali nell’immediato.
Il verbo da utilizzare in questi casi è reagire e farlo tempestivamente è la chiave vincente di tutto; e se con la consapevolezza di poter trasformare un epicfail in epicwin, ancora di più.
In un media in cui vive la logica del paradosso, ovvero in cui nel giro di qualche secondo il miglior cliente si può trasformare nel più spietato “hater” se disilluso, ecco che anche la prospettiva della peggior situazione si può affrontare con la logica di valorizzazione, riuscendo, grazie alla migliore reazione, a dimostrare la solidità e la forza di un’identità.
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