Il celebre sito di utilità sociale dedicato alle petizioni, Change.org, nasconde, dietro lo scudo lucente delle buone intenzioni, la solita pessima smania di business e di guadagno. Il portale, infatti, metterebbe in vendita i dati sensibili di coloro i quali decidono di sposare le cause più diverse, sottoscrivendo le petizioni e fornendo i propri riferimenti. Il tutto completamente in barba alle normative che regolano la tutela della privacy. "L’Espresso" ha ottenuto il prezzario dell’azienda (da 1.50 euro a 85 centesimi) e contattato alcuni clienti, scoperchiando una situazione
Tra risposte imbarazzate e rare ammissioni, il settimanale ha indagato sul business dei paladini delle petizioni online, che assume contorni interessanti, sia da un punto di vista etico che da una prospettiva politica e commerciale. Change.org infatti gestisce dati estremamente delicati come le opinioni politiche e in Germania è oggetto di un’inchiesta del Garante della privacy.
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