Il mondo dell’advertising di nuovo sotto i riflettori sul palcoscenico più importante della pubblicità: dal 18 al 22 giugno via infatti ai Cannes Lions, il Festival Internazionale della Creatività che ha luogo ogni anno nella città francese. Si tratta di un evento irrinunciabile per i professionisti del settore di tutto il mondo: a ogni edizione sono circa 90 i Paesi coinvolti nei numerosi appuntamenti della kermesse, che vede il suo momento più atteso nella consegna dei Lions Awards, i premi alle migliori agenzie internazionali per le loro campagne di comunicazione. L’Italia ha da sempre rivestito un ruolo di primaria importanza, sia per quanto riguarda i titoli portati a casa sia per i nomi da lei presentati all’interno della giuria del Festival. Quest’anno non è da meno: sono infatti prestigiosi i professionisti che comporranno sette giurie di questa 65esima edizione. Tra loro, per la categoria Film, c’è Stefania Siani, Direttore Creativo Esecutivo DVL DDBO. Per capire quale direzione sta prendendo l’evento e, con esso, la creatività di oggi, l’abbiamo intervistata insieme a due altre grandi personalità del settore: Vicky Gitto, Presidente Art Directors Club Italiano, e Gianfranco Mazzone, Managing Director Burson Marsteller e giudice Cannes nel 2017.
STEFANIA SIANI – Direttore Creativo Esecutivo, DVL DDBO e Giudice Cannes 2018 categoria Film
Come sta procedendo il suo impegno in qualità di giurata del Cannes Lions 2018 nella categoria Film?
Sono giurata nella short list jury della categoria Film, in questo momento sono nel pieno del processo di votazione. Il momento è frenetico: Cannes inizia proprio a partire dalla short list jury. Si tratta di un processo lunghissimo, perché analizziamo davvero una mole immensa di lavoro internazionale, supportati da una piattaforma online veramente all’avanguardia, che ci consente di essere sempre in contatto tra noi giurati e con il nostro presidente. In questo momento abbiamo il panorama completo della creatività internazionale: tre sono le tendenze che sto riscontrando in questa fase di votazioni. Una è il ritorno all’umanesimo, ossia mettere l’uomo al centro, partendo da insight personali, per raccontare l’umanità in maniera realista. Ciò che si vuole trasmettere è l’autenticità di “people like me”, attraverso un filone di film dal grande impatto emozionale. Poi, ho riscontrato, soprattutto in settori molto tecnici come quello del finance, un ritorno alla lateralità e all’ironia. Questa tensione a voler sdrammatizzare alcuni settori in precedenza dominati dalla cultura del trust è davvero interessante. Infine, sto osservando anche una certa tendenza a dilatare il racconto, molto spesso si supera il minutaggio dei 30’’, aprendo delle prospettive davvero importanti allo storytelling di advertising. Noto l’approfondimento dei personaggi, la ricerca nella sceneggiatura, con una forte sperimentazione nella scrittura, per trasformarla non in un esercizio fulminante ma in un contenuto più articolato dal punto di vista strategico. Viene meno sempre di più il concetto di vignetta, anzi, possiamo dire che la vignetta è morta. Si tende maggiormente a una grande semplicità del racconto, i giudici cercano idee semplici e universali, in cui si dilati il tempo del racconto della singola situazione.
In che direzione sta andando l’advertising di oggi?
L’advertising va sempre più verso l’entertainment e verso una convergenza globale del linguaggio: si fa veramente fatica a distinguere i paesi di provenienza dei progetti, dunque è come se le agenzie stessero diventando un grande villaggio globale. Personalmente non vedo l’ora di andare al Festival, dal 18 al 22 giugno, per vedere l’esito di tutto il lavoro. Sto avendo l’opportunità di essere parte di un osservatorio privilegiato per avere il polso reale dell’industry: mi sento veramente onorata per questa occasione unica.
Creatività italiana: come sta reagendo il settore ai recenti cambiamenti?
In Italia ci sono stati degli enormi cambiamenti nel comparto creativo, è stato uno tsunami. Non si è trattato di un normale turn over del management, è cambiato proprio l’assetto delle multinazionali. A proposito, il gruppo DLV BBDO, da parte sua, sta privilegiando la cultura delle sigle: siamo parte dello stesso gruppo, con in comune la cultura Omnicom, integrata con la cultura delle singole sigle. Per noi questo approccio rappresenta una ricchezza. Da parte mia, quello che mi auguro è che si torni a lavorare all’autorialità delle direzioni creative.