Crescono le richieste inviate a Facebook dai governi mondiali per ottenere informazioni sugli utenti. Nel secondo semestre 2015 le domande, legate per lo più a indagini su crimini, considerando le diverse parti di cui si compone l’universo del social di Zuckerberg, tra Messenger, WhatsApp e Instagram, sono aumentate del 13%, arrivando a quota 46.763 rispetto alle poco più di 41 mila della prima metà dell’anno. Il dato emerge dal rapporto semestrale della società sulla trasparenza, pubblicato qualche giorno fa, che per la prima volta ha evidenziato anche la percentuale di casi in cui le autorità americane con ordine specifico proibiscono dinotificare la richiesta agli utenti interessati: il 60% del totale.
Al primo posto per numero di richieste ci sono proprio gli Stati Uniti, 19.235 in totale, accontentate nell’81% dei casi, seguiti da India, ben distaccata al secondo posto con 5.561, Regno Unito, a quota 4.190, Germania (3.140) e Francia (2.711). L’Italia è sesta con 1.525 richieste: alcuni dati sono stati rilasciati per il 52% di queste. A livello globale si registra anche un aumento per le richieste di bloccare contenuti che violano leggi locali, che sono più che raddoppiate rispetto alla prima metà dell’anno, da circa 20 mila a quasi 56 mila. Un boom, sottolinea Facebook, dovuto per lo più alla richiesta di rimozione di un’unica foto, che violava le leggi francesi per la protezione della dignità umana, relativa agli attentati di Parigi di novembre e diventata virale sul social e che lo stesso social dice di aver rimosso in più di 32 mila copie nel solo paese transalpino.