Rubrica a cura di Paolo Del Panta*
Lo Stato è presente, ma nella maniera sbagliata. Questa la sintesi di Mario Peserico, Presidente di Assorologi: l’imprenditore rilancia quanto denunciato in pieno Baselworld da Bruno Nardelli, amministratore delegato di Nardelli Luxury e direttore creativo di Liu Jo Luxury, sottolineando in particolare il mancato sostegno pubblico che fa male al comparto e che determina il venir meno di un lavoro coordinato.
L’Italia si conferma un mercato importante per gli orologi da polso e negli anni si sta confermando anche il trend di ripresa iniziato nel 2014. Quali sono i fattori che determinano questo andamento?
È fuor di dubbio che l’Italia sia un mercato importante, anche perché il consumatore italiano è quello che, da un punto di vista della cultura orologiera, è un passo avanti rispetto agli altri consumatori europei. L’Italia nell’arco degli ultimi due decenni è stato il primo mercato europeo per le esportazioni svizzere e solo negli ultimi anni, dal 2008 fino al 2014, ha subito un calo. La ripresa del 2014 va letta anche in relazione al decremento che c’è stato negli anni precedenti, perché è vero che i dati di questi ultimi anni sono positivi, ma bisogna prendere atto del fatto che la decrescita dei 6/7 anni precedenti è stata molto marcata in termini di peso percentuale. Mentre gli altri Paesi conoscevano negli anni una crisi di entità minore – parlo in particolare di Germania, Francia e Inghilterra – e godevano di un’affluenza turistica notevole, l’Italia sta riprendendo quota oggi, anche in virtù della posizione persa precedentemente.
Ad ogni modo la crescita è meno sostenuta rispetto rispetto agli altri Paesi. In Italia, del resto, gli orologi vengono distribuiti, venduti e acquistati dal dopoguerra. C’è il rischio che il mercato diventi saturo?
Io credo di no. L’orologeria ha ancora delle sacche di non conoscenza del prodotto da parte del consumatore finale, che ci fanno credere che il mercato sia tutt’altro che saturo. Certamente bisogna perfezionare la comunicazione rivolta ad un tipo di target che non vede ancora nell’orologio un prodotto di investimento. Ad oggi il mercato è in piena attività, anche con l’ingresso degli orologi connessi, che rappresentano evidentemente un’alternativa di acquisto, sebbene non lo siano ancora nella fascia di prezzo medio alta dell’orologeria, tanto da non poter essere considerati dei reali competitors.
La produzione made in Italy di orologi si basa su qualche decina di imprese, tutte Pmi, ma con solo due-tre aziende di dimensioni medie. Quanto margine di crescita c’è nel mercato italiano da un punto di vista produttivo?
Non vorrei essere negativo, ma ho la sensazione che non ce ne sia moltissimo, perché contrariamente ad altri Paesi che hanno lavorato più sinergicamente sull’immagine del prodotto orologiero, promuovendolo come uno dei settori produttivi del Paese, in Italia questo è accaduto solo per alcuni marchi, che hanno fatto un percorso individuale, anche di successo, ma sempre solitario. Non ho l’impressione che l’orologeria italiana sia un settore che possa godere di un’immagine forte sui mercati stranieri, contribuendo alla crescita del settore in sé. Ci potranno essere marchi specifici che saranno in grado di farlo, ma non vedo in ciò una possibilità che coinvolga l’intero settore.
Cosa qualifica il prodotto italiano? Quali sono i punti di forza rispetto agli altri Paesi e quali i punti di debolezza?
Il punto di debolezza è, appunto, quello di non fare sistema, di agire meno di concerto per promuovere il prodotto italiano. La Francia, invece, lo fa in maniera molto più concreta e riesce a promuovere un settore in maniera compiuta, sia attraverso la comunicazione, sia attraverso la presenza a fiere e la copertura di una certa fascia di prezzo in maniera abbastanza ampia. I punti di forza indubbiamente sono quelli dell’estetica, del design, dei contenuti grafici e di modellistica. Tradizionalmente in Italia abbiamo queste capacità che costituiscono un plus non indifferente.
Mentre il Baselword era in svolgimento, Bruno Nardelli, amministratore delegato di Nardelli Luxury e direttore creativo di Liu Jo Luxury, ha denunciato l‘assenza dello stato italiano, che a suo avviso lascia sole le aziende italiane del gioiello e dell’orologio presenti a Baselworld. Condivide la posizione e quali azioni di supporto sono necessarie?
Non sono per niente d’accordo, nel senso che credo che in quell’occasione il Dott. Nardelli facesse fintamente l’ingenuo: lo Stato è assolutamente presente, ma fa danni. Penso alla limitazione dell’uso del contante, l’aumento dell’iva, l’attuale clausola di salvaguardia che rischia di aumentare ulteriormente l’iva stessa, penso alla serie di vincoli che ogni azienda italiana si trova costantemente ad affrontare. Lo Stato è quindi assolutamente ben presente, ma allo stesso tempo penso che le aziende italiane si siano abituate a farne a meno. E torniamo al discorso precedente: credo che, anche per colpa del mancato sostegno, le aziende abbiano fatto meno sistema. D’altronde, la reazione all’assenza dello Stato è questa: si diventa autoreferenziali. La scarsa attenzione è evidente anche rispetto ai distretti storicamente importanti, come Vicenza, Valenza e Arezzo, centri della produzione gioielliera. L’unico spiraglio mi sembra sia rappresentato da Fiera di Vicenza, contesto in cui si incomincia a fare sistema adesso ma dove fino ad ora è mancato un obiettivo comune. Nutro comunque un’estrema fiducia nelle capacità delle aziende e dei marchi. Ho la convinzione che i brand italiani, anche in un momento di difficoltà dell’economia, anche in un momento di crisi o di mancato supporto dello Stato, siano sempre in grado di rinnovare le proprie proposte, a prescindere dal fatto che siano più o meno sinergiche in un sistema produttivo.
*Paolo Del Panta è editore di All about Italy, magazine dedicato alle eccellenze italiane. Nato nel 1997 per sostenere la competitività delle imprese del nostro Paese sui mercati internazionali, All about Italy si è da sempre impegnato a promuovere la filiera italiana, diventando una vera e propria piattaforma specializzata che riunisce al suo interno importanti ambasciatori dell’italianità, rappresentando un esclusivo trait d’union tra la qualità del Bel Paese e il mercato straniero. Oggi la prestigiosa pubblicazione – che è stata anche testimone di importanti riconoscimenti, tra cui anche una medaglia celebrativa da parte della Presidenza della Repubblica Italiana consegnata in occasione del Gala Italia tenutosi a Monaco di Baviera – è distribuita in USA e in Germania, con due edizioni in lingua originale, pensate appositamente per i mercati di riferimento.