“Ho creduto fin dall’inizio nel progetto dei ragazzi di Soundreef. Ero consapevole delle difficoltà cui saremmo andati incontro ma sapevo che si doveva rompere un monopolio e un sistema che agevolava pochi soggetti e i soliti. Oggi sono contento di poter rivendicare di essere stato in prima linea con Soundreef in questa battaglia tra Davide e Golia che alla fine ci ha visti tagliare il traguardo nonostante gli ostacoli che hanno cercato di metterci davanti”. Lo ha detto Fedez, in conferenza stampa a Roma, durante la quale la società per la raccolta dei diritti d’autore ha annunciato una collaborazione con l’associazione no profit LEA, in modo da rientrare nel perimetro delineato dall’art.19 del decreto fiscale (148/2017) collegato alla Legge di Stabilità 2018.
Soundreef s’infila così nelle pieghe normative concesse dall’articolo 19 del decreto fiscale collegato alla Legge di Stabilità 2018. Entrato in vigore il primo gennaio, rappresentava una risposta all’Unione europea e (anticipando possibili sanzioni) una prima liberalizzazione del settore.
Ma a metà: afferma infatti che la raccolta dei diritti non spettasse più esclusivamente a Siae. Ma apriva solo ad altre società che, al contrario di Soundreef, non avessero scopo di lucro. Una soluzione di compromesso, dovuta al ministro della Cultura Dario Franceschini, passato – come confermato in un’audiozione alla Camera – dalla volontà di abolire il monopolio a quella di riformare la Siae.
L’accordo con Lea (che è una no-profit) consente quindi alla società di D’Atri di percorrere l’ultimo miglio che la divideva dalla possibilità di agire legalmente sul mercato italiano. Soundreef affida a Lea il suo catalogo di 11.000 autori, tra i quali Fedez, Gigi D’Alessio, Fabio Rovazzi e (da pochi giorni) J-Ax, Enrico Ruggeri e 99 Posse. L’associazione percepirà un aggio per la riscossione, ma utilizzerà i sistemi digitali di rendicontazione di Soundreef.
“È stata una lunghissima lotta, partita nel 2011 con 85 mila euro d’investimento di un piccolo gruppo di persone”, racconta D’Atri. Da allora, si è aperta una lunga storia di cause e ricorsi, passate dai tribunali, dall’Antitrust e dal Parlamento italiano e da quello europeo.