In occasione della Giornata Mondiale della Malattia di Parkinson, che si celebra giovedì 11 aprile, la Società Italiana di Neurologia (SIN) e la Fondazione LIMPE fanno il punto della situazione sul ruolo del caregiver, le novità terapeutiche, l’importanza dell’attività fisica per i pazienti.
Il Parkinson è una patologia neurodegenerativa che colpisce 400.000 persone solo in Italia e che insorge mediamente intorno ai sessant’anni, con una quota consistente di pazienti, pari al 10%, che ha un esordio prima dei cinquant’anni. Gli effetti di questa malattia sono la progressiva diminuzione di autonomia e, di conseguenza, la minore capacità di interazione con l’ambiente.
Per questa ragione è fondamentale la figura del caregiver, ovvero la persona che si prende cura del paziente: si tratta generalmente di un familiare che spesso è costretto a modificare completamente la propria quotidianità, il proprio lavoro e le proprie abitudini. Il caregiver, occupandosi del paziente in maniera quasi totalizzante, per circa 20-25 anni, va incontro ad un forte impatto sulla qualità della propria vita, con inevitabili problemi psicologici o di natura organica. Inoltre, il caregiver si trova a sostenere costi importanti per potere supplire a quello che purtroppo il sistema sanitario nazionale non riesce ad offrire in termini di assistenza.
Oggi si celebra la Giornata Mondiale della Malattia di Parkinson: fondamentale la figura del caregiver
“Le persone che assistono i familiari affetti da malattia di Parkinson spesso non vengono adeguatamente considerate”, afferma il Prof. Mario Zappia, Presidente Fondazione LIMPE e prossimo Presidente della SIN. “In Parlamento sono stati presentati due disegni di legge su questo tema già nel 2017 e in occasione della legge finanziaria venne approvato un comma in cui veniva riconosciuta la figura del caregiver, con una dotazione finanziaria di circa 20 milioni di euro per anno che riguardava però anche tante altre patologie oltre il Parkinson, come Alzheimer, malattie cardiovascolari e malattie oncologiche. Ma ci siamo resi conto che ogni patologia ha una sua specificità di cui bisogna tener conto nell’identificare la figura del caregiver e che dovremmo affrontare le cose in modo differenziato, anche per arrivare a un riconoscimento di tipo economico a fronte di ciò a cui il caregiver rinuncia nella vita per poter assistere il proprio caro”.
Continua a leggere su OMAR – Osservatorio Malattie Rare