Il 93% dei consumatori italiani è disposto ad abbandonare un marchio associato a un partner o fornitore colpevole di aver tradito i propri valori nel gestire una problematica ad alto rischio o una crisi. Mentre, il 78% dei decisori aziendali prende importanti decisioni d’acquisto o valuta possibili partnership in base ai valori d’impresa. Infine, quasi la metà dei responsabili marketing (48%) non ha un reale piano di comunicazione per far fronte a una crisi o a situazioni ad alto rischio. Queste alcune delle evidenze emerse dal report Hotwire “Leadership ad alto rischio nel mondo post B2B”: le aziende, dunque non sarebbero pienamente pronte a gestire situazioni ad alto rischio. Abbiamo approfondito la questione insieme a Beatrice Agostinacchio, Managing Director Hotwire Italy.
Qual è lo “stato di salute” delle aziende italiane in merito alla comunicazione di situazioni ad alto rischio?
Viviamo in un’era dove il rischio è elevato, in cui qualsiasi evento può diventare determinante per la reputazione di un’azienda. L’avvento dei social, inoltre, non ha fatto che accrescere e accelerare questo rischio. Le aziende italiane sono piuttosto consapevoli, tanto che per quasi l’80% dei responsabili marketing e dei decisori aziendali la possibilità di essere travolti da una crisi di comunicazione ad alto rischio desta preoccupazione; dato in linea con la media globale. Sono preoccupazioni legittime. A spaventare maggiormente è la possibilità che una controversia di questo tipo possa macchiare la reputazione del brand e portare i consumatori a piantarlo in asso: se tra i responsabili marketing il più grande timore è la perdita di clienti (74% vs 63% media globale), ciò che preoccupa maggiormente i decisori aziendali – oltre alla perdita di clienti – è il tracollo del valore di mercato (72%), percentuale decisamente più elevata rispetto alla media degli altri Paesi presi in esame (52%). Se da un lato la percezione del rischio c’è ed è reale, la situazione cambia relativamente alla prontezza delle aziende nel far fronte a situazioni ad alto rischio. Pur disponendo di un piano di comunicazione da attuare in caso di necessità, solo poco più della metà dei responsabili di marketing afferma che tale piano è aggiornato o in fase di aggiornamento. Altro dato allarmante è che solo un terzo (33%) dei responsabili di marketing in Italia collabora con un’agenzia di PR che offre servizi di crisis management – un risultato sorprendente, se si considera che 1 responsabile marketing su 2 e il 77% dei decisori aziendali si dicono “abbastanza o molto preoccupati” dell’eventualità che la propria organizzazione venga risucchiata in un dibattito di comunicazione ad alto rischio. La situazione si può quindi riassumere asserendo che c’è un generale consenso sulla necessità di pianificare ma bisogna ancora lavorare molto sull’esecuzione.
Comunicazione di crisi: necessità di pianificare e lavorare sull’esecuzione
Esistono delle linee guida e delle strategie che possono agevolare le aziende nella gestione della comunicazione in caso di crisi?
Assolutamente sì e possono essere molteplici. In linea generale saper ascoltare il contesto, agire in maniera proattiva e non reattiva, prepararsi e fare educational sull’azienda estesa – dal top management fino ai collaboratori più saltuari – oltre a prendere una posizione chiara può aiutare le aziende a districarsi in situazioni di crisi e, talvolta, addirittura, uscirne rafforzate. Se si dovessero riassumere in estrema sintesi i 4 punti chiave da seguire sarebbero di certo, in primis, definire la mission assicurandosi che quest’ultima e lo scopo della azienda abbiano una prospettiva cliente-centrica, che vada oltre prodotti e servizi offerti. Non basta battersi per un tema qualsiasi, bisogna battersi per un tema che conti! E assicurarsi che quel tema sia sufficiente a consolidare, supportandolo, lo scopo preciso dell’impresa anche nei momenti critici, perché tale scopo non può limitarsi alla vendita di un prodotto o servizio. Di fondamentale importanza è puntare sui valori, comunicando dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto e consolidando i valori d’impresa esplicitando il modo in cui le decisioni chiave vengono prese nel pieno rispetto degli stessi, in tutte le fasi del processo decisionale oltre a mettere i valori “sotto pressione”: è importante esaminare i valori aziendali e assicurarsi che siano chiari e attuabili, nonché promotori di comportamenti che guidino l’azienda nel prendere le giuste decisioni. I paroloni vuoti potranno anche farvi fare bella figura, ma non basteranno a tenervi sulla cresta dell’onda quando non ci sarà tempo per le spiegazioni. Infine preparare il management non relegando i valori alla sfera umana e culturale ma includendoli regolarmente nell’ordine del giorno delle riunioni con le figure executive.
Quali sono gli errori da evitare per scongiurare la disaffezione da parte dei consumatori?
Di sicuro agire in modo non coerente e “falso” e non sottovalutare i loro valori che, come emerge dal report, sono determinati nell’affiliazione o meno di un consumatore.
Un sistema di valori forti esercita un impatto determinante sulle decisioni di acquisto e partnership; le persone vogliono relazionarsi con organizzazioni le cui idee siano affini alle proprie, pertanto sentirsi rassicurati in merito conta più che mai al giorno d’oggi. A parlare sono i dati. Su scala globale, l’82% dei consumatori si dichiara disposto ad abbandonare un marchio associato a un partner o a un fornitore colpevole di aver tradito i propri valori nel gestire una problematica ad alto rischio o una crisi, percentuale che si impenna nella penisola raggiungendo il 93%. Più di 9 consumatori su 10 sono coscienti dei propri valori personali. Animato da buone intenzioni, il consumatore non si limita a pensare a tali valori, ma è disposto ad agire in base agli stessi e gli italiani si confermano molto attenti a questi aspetti. Se oltre tre quarti (76%) dei consumatori globali si impegnano ad acquistare prodotti e servizi in linea con i propri valori personali, in Italia il tasso di risposta è dell’85%. Ma c’è anche il rovescio della medaglia, la determinazione del consumatore nel punire quelle aziende da cui si sente tradito. È ampiamente dimostrato che i consumatori voltano le spalle ai brand che li hanno delusi; quasi il 50%, infatti, ha preso le distanze da un prodotto o da un servizio perché l’azienda produttrice non ha agito in linea con i propri valori e l’Italia in questo non fa eccezione con una percentuale che si attesta sul 47%. Questi dati diventano insight decisamente rilevanti per le aziende.
I consumatori puniscono le aziende che tradiscono i valori di riferimento
Qual è il peso dell’apparato valoriale di un brand sia in merito alle scelte dell’azienda, sia in relazione alle decisioni dei consumatori?
Molti esperti di marketing e comunicazione sono consapevoli che il modo migliore per non farsi cogliere impreparati di fronte a una problematica di comunicazione ad alto rischio è avere un sistema di valori aziendali ben definito.
È noto che le imprese fondano la propria identità su un determinato sistema di valori, ma troppo spesso questi risultano essere un insieme vuoto di concetti che non trova una reale rappresentazione o allineamento con le strategie di comunicazione e i processi decisionali.
Quando si tratta di comunicazione aziendale solo il 40% dei leader di marketing a livello globale ritiene che la propria impresa agisca sempre, o quasi, in linea con i valori su cui poggia.
Se si prende in considerazione, poi, il fare propri tali valori, la situazione precipita. L’indagine, infatti, rivela un insufficiente flusso di comunicazione mirato ad assicurare che i pubblici di riferimento si attengano ai comportamenti e alle posizioni etiche che le aziende scelgono. Spetta proprio al marketing e alla comunicazione assicurarsi che dirigenti, dipendenti e principali business partner recepiscano e abbraccino questi messaggi di volta in volta. Un’interessante evidenza che emerge dallo studio è la relazione tra valori e scelte aziendali. Se su scala mondiale la stragrande maggioranza dei decisori aziendali, ben l’86%, prende importanti decisioni di acquisto o partnership in base ai valori a cui fa riferimento l’impresa, questa tendenza in Italia fa più fatica ad emergere (78%) in quanto l’elemento prezzo continua a rappresentare una delle principali leve decisionali, così come il servizio clienti offerto e le relazioni pregresse con l’organizzazione (87%).
Si può parlare, ad ogni modo, di un riconoscimento sempre più ufficiale dei “valori” nell’elaborazione di importanti decisioni aziendali. Per molte imprese, infatti, la selezione dei fornitori in base ai valori che questi trasmettono, che devono essere in linea con i propri, è diventata una parte chiave dei processi di approvvigionamento. L’Italia non fa eccezione: l’85% dei decisori aziendali assegna ampia importanza alla reputazione del partner nelle decisioni di acquisto. Per quanto riguarda i consumatori vale quanto detto precedentemente.
Quali sono le aree di business più sensibili alle crisi di comunicazione e che tipo di interventi possono essere messi in campo?
In realtà nello scenario attuale nessuno è immune, sia per quanto riguarda i brand consumer che B2B. Ci sono dei settori più esposti al rischio di altri. Secondo la nostra indagine, i più colpiti dal malcontento del pubblico tricolore sono quelli dei prodotti alimentari confezionati (21%), elettronica di consumo (8%) e prodotti di bellezza/cura della persona (8%). Ciò però non significa che gli altri siano esenti: anche le aziende media, retail, tech, servizi finanziari e agricoltura/fresco navigano tutte in acque burrascose. Chi non si cura dei valori delle persone rischia di pagarne le conseguenze. Il miglior approccio possibile, come già indicato, è ascoltare il mercato ed essere coerenti.
In che modo deve cambiare l’approccio alla comunicazione dei brand nel medio e lungo termine per determinarne un’evoluzione virtuosa?
Innanzitutto le aziende devono capire che non si deve comunicare solo a danno avvenuto. Per costruire e incrementare la brand awareness di un brand c’è bisogno di sviluppare una vera e propria strategia di comunicazione in forte allineamento con gli obiettivi di business. Solo dopo aver delineato il quadro è possibile passare all’azione.
Per determinare un’evoluzione virtuosa è buona cosa affidarsi ai giusti partner in quanto lo scenario odierno è molto cambiato. C’è maggiore conoscenza ed è estremamente facile reperire informazioni pertanto non si può più comunicare in maniera estemporanea e fumosa ma è fondamentale mettere in atto piani ben articolati che possano supportare il business. È per questo fondamentale che il ruolo della comunicazione in azienda dovrebbe sedere all’interno dei consigli di amministrazione in quanto leva fondamentale oggi giorno per il posizionamento dell’azienda nei confronti dei pubblici di riferimento, sia esterni che interni all’organizzazione.
Elisabetta Pasca