Generazione Z smartphone-centrici sì ma in grado di farsi portavoce offline di idee precise, a noi il compito di una “nuova educazione” nell’era digitale.
Una generazione consapevolmente connessa se supportata
in maniera corretta
di Francesca Anzalone
Generazione Z, Centennials, iGen, Post-Millenials o Plurals, chiamateli come meglio credete, sono la generazione che va dal 1995 al 2012 e sono nati con Internet. Sono i veri nativi digitali, tacciati di vivere in un periodo che li rende instabili e insicuri, sembrano però quelli più desiderosi di cambiare le cose anche a favore dell’ambiente e pronti a disconnettersi per scendere in strada e per costruirsi un futuro.
Giovani che comunicano e dialogano attraverso lo strumento web e i suoi canali, pronti a farsi seguire da migliaia di follower, un po’ vittime delle vanity metrics ma anche artefici delle loro idee che non esitano a condividere in presenza e a perseguire con grande determinazione. Amanti dell’ambiente, pronti a spendere un 4% in più sul prezzo per prodotti green e, sempre più attenti e attivi nella vita pubblica. Sono i figli della disintermediazione, delle distanze brevi e della fonte diretta, non temono i ruoli, ma vanno dritti alla questione con il loro modo di comunicare, frutto del loro pensiero e del loro essere. Nati con il digitale, cresciuti con l’innovazione e sempre connessi dialogano attraverso le chat, i vocali e gli emoji.
Gli adulti li tacciano spesso di essere vittime della loro stessa vanità fatta di metriche, di apparenza e di “finzione scenica”, ma soprattutto di essere poco connessi alla realtà. Quanto li stanno supportando nell’apprendimento di strumenti e strategie adeguati alla loro consapevolezza? Quanto li stanno aiutando a difendersi da una società che troppo spesso digita rabbia? “Sei sempre attaccato a quel coso!” è la frase più frequente, ma quando ad un genitore chiedi, “quanto tempo hai passato a spiegare i rischi, i pericoli e le opportunità di quel coso a tuo figlio?” difficilmente ricevi una risposta che porta con sé un percorso di accompagnamento che oltre a rischi, pericoli e implicazioni anche giuridiche si porta dietro un’amplificazione delle emozioni.
Hanno idee per il futuro, voglia di fare, spesso tanta determinazione, vittime e al contempo artefici di una comunicazione potenzialmente illimitata ma spesso in preda alle loro emozioni. Sono un target molto ambito dal mondo del fashion, del beauty e della tecnologia in generale e quindi oggetto di attenzione di piani di marketing sempre più performanti.
Come possiamo aiutare questa generazione affiancandola per renderla sempre più consapevole? Ti lascio con qualche riflessione:
- Stiamo facendo il possibile per supportare i giovani nel conoscere opportunità e rischi del web e del digitale? E soprattutto dell’enfasi che comportano dal punto di vista emozionale?
- Ci stiamo impegnando in attività inclusive e socializzanti o siamo osservatori passivi giudicanti?
- Stiamo educando nella gestione delle emozioni, che attraverso gli strumenti social si enfatizzano in maniera esponenziale?
- Stiamo presentando uno scenario in cui mostriamo i cambiamenti di approccio ma proponiamo delle regole di comportamento di una “nuova educazione nelle relazioni”?
- Una società consapevolmente connessa ha bisogno di linee guida e indicazioni precise sulla nuova gestione della comunicazione: oggi viviamo in maniera omni canale, ma ce lo ricordiamo quando serve?
Per un approfondimento ti rimando al mio volume Ufficio stampa e digital PR, la nuova comunicazione (Hoepli, 2017), al mio canale podcast.
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