Si svolgerà dal 2 al 4 settembre la XIII edizione del Festival della Mente di Sarzana, il primo festival in Europa dedicato alla creatività. Un appuntamento che, nel corso degli anni, si è evoluto ed è mutato, andando a coinvolgere scienziati, scrittori, artisti, fotografi, architetti, filosofi, psicologi e storici chiamati a confrontarsi in relazione ai cambiamenti, alle tematiche e ai problemi del vivere contemporaneo. Filo conduttore dell’edizione di quest’anno sarà lo spazio, indagato attraverso workshop, spettacoli e momenti di approfondimento che vedono protagonisti la cittadina ligure e un pubblico composto da giovani e meno giovani. Benedetta Marietti, la direttrice artistica della kermesse, ci ha raccontato gli impegni e gli obiettivi di questo evento, che punta sempre più ad avere un’eco che risuoni ogni giorno dell’anno.
“Incontrarsi e confrontarsi per decifrare la realtà”: parla Benedetta Marietti, direttrice artistica del Festival della Mente di Sarzana
Il Festival della Mente di Sarzana, giunto alla XIII edizione, ha scelto di approfondire quest’anno un tema come lo spazio. Quali sono i motivi per cui è stato selezionato un tale argomento e in che modo intendete indagarlo?
Innanzitutto l’edizione del 2016 è la terza che avrà un filo conduttore: prima era un festival incentrato più genericamente sulla creatività. Individuare un filo conduttore invece ci permette di costruire un programma più strutturato, più ordinato quasi, ruotante attorno a questa tematica centrale sulla quale i relatori sono chiamati a confrontarsi. I loro interventi sono contenuti originali pensati ad hoc per la kermesse. Il Festival della Mente si sta ponendo sempre più come una sorta di laboratorio di idee: vorremmo fornire argomenti e momenti di riflessione al pubblico per aiutarlo a decifrare il mondo che ci circonda, un mondo in perenne mutazione e con pochi punti di riferimento rispetto al passato. In quest’ottica, un tema come lo spazio ci dà la possibilità di essere particolarmente aderenti alla realtà: attraverso lo spazio è infatti possibile indagare i temi più importanti dell’attualità. Lo spazio può essere quello dei migranti che cercano nuovi luoghi, quello cosmico oggetto di studi ed esplorazioni, quello pubblico, quello sociale, quello familiare, quello ambientale… insomma, racchiude molteplici declinazioni e significati. Anche per questo, poi, il tema si presta molto bene alla natura multidisciplinare del festival, che abbraccia tantissimi settori di studio.
Quali sono gli elementi che legano i relatori chiamati a intervenire all’evento? Cosa li rende gli speaker adatti per un festival come quello della Mente?
Due cose: la prima è sicuramente l’eccellenza che li contraddistingue nel loro campo, e questo vale sia per gli ospiti noti che per quelli meno noti. La seconda poi è che sono tutti dotati di una grande capacità divulgativa: si tratta di persone che sanno parlare a tutti, a prescindere dalla specificità del tema trattato. Anche se qualche intervento può essere un po’ di nicchia, può appartenere a settori un po’ chiusi, le persone che interverranno sanno come portare questo tipo di contenuto a un pubblico variegato rendendolo comunque comprensibile. Anche se non so nulla di fisica, posso comunque andare ad ascoltare Guido Tonelli perché so che sarà in grado di farmi capire il suo discorso.
Molta attenzione è rivolta anche ai più giovani. In che modo riuscite a coinvolgere ragazzi e studenti e quale riscontro avete ottenuto da loro?
Abbiamo ideato un festival nel festival, curato da Francesca Gianfranchi, che è composto da una serie di appuntamenti per bambini e ragazzi i cui biglietti sono andati sempre esauriti. Sono degli incontri pratici rivolti a loro, dove si attiva la manualità di chi partecipa: ad esempio quest’anno sono in programma dei laboratori di falegnameria, a sottolineare che la realtà virtuale non è l’unica che conta. Inoltre coinvolgiamo un buon numero di volontari: sono circa 500 gli studenti di superiori e università che partecipano al festival contribuendo a creare un’atmosfera giovane e allegra, riuscendo allo stesso tempo a partecipare a questo evento culturale. In passato abbiamo avuto un ottimo riscontro, sia dai bambini che dagli adulti, e speriamo di replicare anche quest’anno.
Come vi trovate a Sarzana? Come vi ha accolto questa cittadina ligure?
Il Comune di Sarzana e la Fondazione Carispezia sono gli enti promotori del Festival, quindi Sarzana è già di per sé vera protagonista. Ma oltre a ciò, devo dire che stiamo parlando di una città molto bella che si presta perfettamente a questo tipo di evento: c’è uno splendido centro storico raccolto, che permette di raggiungere a piedi i vari luoghi del festival. Pur nella complessità degli incontri e dei temi trattati, esiste una dimensione ludico-vacanziera che si sposa perfettamente con l’atmosfera di leggerezza e riflessione che vogliamo portare avanti. Inoltre, per coinvolgere ancor più la cittadinanza, è stato ideato anche un evento parallelo, ParallelaMente, sorta di festival off che vede protagonisti artisti e associazioni locali che possono esibirsi di fronte al pubblico della kermesse. Questo rende ancora più ricco il programma.
Cosa si aspetta dall’edizione imminente e come spera possa evolvere un appuntamento come quello del Festival della Mente?
Con tutte le scaramanzie del caso, ovviamente, siamo molto ottimisti sul successo dell’edizione 2016. Per quanto riguarda la sua evoluzione, il Festival non deve limitarsi a essere un evento di soli tre giorni, ma deve cercare di far vivere i suoi stimoli tutto l’anno.
A questo contribuisce anche la collana “I libri del Festival della Mente” da lei diretta?
Sì, esattamente. Il Festival è diventato una sorta di produttore di contenuti: non solo tramite i contributi originali pensati dagli speaker per l’occasione, ma anche attraverso questi volumi pubblicati per Laterza. Il libro di prossima uscita di Guido Barbujani, “Gli africani siamo noi”, si inserisce nelle intenzioni del festival di raccontare tematiche di attualità: racconta le emigrazioni delle antiche popolazioni, degli africani che in passato si sono spostati in Europa. In questo modo smonta anche scientificamente le basi del razzismo. Oltre a ciò, durante l’anno organizziamo una serie di incontri con le scuole invitando diversi relatori e coinvolgendo in questo modo gli studenti. Quello che facciamo è cercare di non limitare la dimensione del festival ai tre giorni di settembre, ma tentare di diffondere il suo invito alla riflessione in tutti i giorni dell’anno.
Lucia Mancini