Si svolgerà il 22 Novembre, presso l’Università Bocconi di Milano, il NID – Nonprofit Innovation Day, il grande evento annuale interamente dedicato all’innovazione nel mondo non profit. L’iniziativa, giunta ormai alla quinta edizione, è organizzata dalla SDA Bocconi in collaborazione con IDMC e si focalizza sul concetto dell’innovazione applicato a quattro temi chiave per il mondo non profit: la strategia, l’organizzazione, la comunicazione e il fundraising. Sarà un momento importante, per addetti ai lavori e non solo, per ascoltare e confrontarsi con professionisti del settore e per capire insieme la direzione da prendere per il futuro. Ne abbiamo parlato con Lara Visini, Amministratore delegato di IDMC e relatrice dell’evento.
Quanto è importante un evento come il Nonprofit Innovation Day? Quanto conta l’innovazione nel settore del non profit?
Dal nostro punto di vista, ossia quello di organizzatori per la quinta volta di questo evento, conta moltissimo. Il fundraising è un settore particolare con tantissime potenzialità, ha numeri importanti eppure è all’insegna dell’understatement. Innovare vuol dire anche guardare le cose con occhi nuovi. Mi piace molto ricordare una frase di Marcel Proust: “La vera scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel vederli con occhi nuovi”. Quello che vorremmo fare, mettendo insieme i principali operatori del non profit italiani, è creare un momento di incontro, di riflessione e di stimolo, in modo da far fruttare in modo diverso tutto quello che noi abbiamo. Innovazione vuol dire anche usare un atteggiamento diverso con le frecce già presenti nel nostro arco. Sono tutti cambiamenti che in Italia stanno sicuramente già avvenendo.
Qual è dunque lo stato di salute delle realtà italiane che operano in questo settore?
Sicuramente c’è ancora molto da fare, però, anche se la domanda è crescente, l’offerta, le organizzazioni si stanno attrezzando per diventare più efficienti e per rispondere al meglio. C’è una maggiore professionalizzazione nelle organizzazioni, nei collaboratori e nei partner per contribuire tutti insieme allo stesso obiettivo. Inoltre c’è stato un allargamento del mercato: in Italia siamo abituati a identificare il fundraising con le cause più strettamente umanitarie, ma se ci pensiamo ci sono dei settori che si stanno aprendo su questo versante seguendo un po’ l’esempio statunitense, come le università, i musei, gli ospedali, gli istituti di ricerca e la politica. Da un punto di vista strettamente professionale, quindi, il fundraiser è un professionista che sta soffrendo la crisi come tutti ma che vede il futuro con delle prospettive rosee.
Nonostante i grandi progressi fatti, lei ha detto che in Italia c’è ancora molto da fare. Quali sono gli elementi che, secondo lei, il settore del non profit italiano dovrebbe ereditare dalla tradizione d’oltreoceano?
Dovrebbe prendere a modello la filantropia attiva. Recentemente sono stata a un convegno dove si è ricordato come il primo fundraiser fosse italiano, con opere di mecenatismo. Quindi in un certo senso noi non dovremmo avere nulla da imparare, perché siamo stati i primi a introdurre una figura del genere, ma poi la nostra intuizione si è un po’ persa, e i nostri “cugini” americani ci hanno superato, anche dal punto di vista del marketing. Le grandi fondazioni e i grandi filantropi americani ci stanno insegnando che non dovremmo più di tanto donare in soldi, ma finanziare imprese o progetti di lungo periodo che abbiano un impatto sociale. La lezione che dobbiamo portarci a casa è proprio questo incontro tra profit e nonprofit. Il NID vuole essere sì un focus su ciò che di moderno ed evoluto c’è nel mondo delle charity italiane, ma anche un’occasione per mettere al centro la questione presentata dal prof. Carlo Salvato, ossia capire come i nostri imprenditori possano diventare filantropi attivi.
Quindi lei cosa spera possa emergere dall’appuntamento in programma a Milano?
Vorrei che le persone si portassero a casa due consapevolezze: da un lato che il nostro è un settore in grande fermento e che ci sono molte cose da fare in maniera innovativa, diversa e inaspettata; dall’altro che c’è bisogno di una grande professionalità. Il fundraiser necessita di tantissime competenze e ha una grande attenzione al risultato, perché tutto ciò che fa è misurabile. C’è quindi la soddisfazione nel riuscire a portare avanti dei cambiamenti concreti. Per riuscirci, ovviamente, è fondamentale anche capire il ruolo della comunicazione e portare avanti delle strategie comunicative sociale efficaci.
Tra i relatori dell’evento ci sarà anche Vicky Gitto, infatti, uno dei più importanti comunicatori creativi che abbiamo in Italia.
Siamo molto contenti della sua presenza: lui non è soltanto molto bravo come creativo (lo dimostrano i numeri premi che ha vinto), ma è attivo in prima persona in campagne sociali. È un po’ la sintesi fra due settori che sono parenti ma che troppo spesso sono lontani: l’agenzia pubblicitaria e il fundraiser. Una figura come la sua, di un professionista capace di creare mondi e sogni ma sensibile allo stesso tempo, capace di portare questo tipo di visione per coinvolgere le persone in favore della causa umanitaria, è un altro modo di guardare al mondo del non profit. Il fundraiser deve essere tante cose: artigiano, operaio, manager e comunicatore. Quindi il fatto che il NID possa rappresentare un momento di incontro e una possibilità di ricevere stimoli da tutti questi settori è un vero successo: ciò andrebbe a rafforzare quella che è una bellissima professione, prima basata soltanto sul volontariato, mentre ora percepita nel suo vero profilo.
Cosa può dirci invece di IDMC, la realtà di cui lei è alla guida? Che ruolo ricopre nel settore?
Anche IDMC è una realtà in grande cambiamento, Siamo un’agenzia di fundraising che lavora con oltre 40 realtà italiane e che ha nel direct mailing lo strumento principale di raccolta fondi. Siamo entrati recentemente nel gruppo Innovairre, network presente in 20 Paesi che ci sostiene in questo percorso di crescita che ci vede come partner delle organizzazioni nel delineare una strategia e nell’implementare la raccolta fondi. Diciamo che possiamo essere considerati dei fundraising partner, dei consulenti ai quali le organizzazioni possono appoggiarsi per definire insieme un percorso vincente. Siamo una realtà multi channel. Qualsiasi sia l’obiettivo di raccolta fondi, IDMC lo può soddisfare. Quello che ci piacerebbe fare è affiancare il cliente a monte per delineare subito insieme il miglior percorso da svolgere.
Lucia Mancini