La diversità è una ricchezza. Questa dovrebbe essere una banale constatazione, un dato di fatto, un dogma universalmente accettato. Invece, ancora oggi, nonostante il progresso culturale e tecnologico, molto spesso il valore delle differenze finisce per essere messo in discussione. Spesso, nella comunicazione quotidiana, la diversità scatena addirittura ondate di odio e violenza che necessitano di essere arginate. La valenza positiva della diversità è un concetto da tutelare e diffondere, nei rapporti con gli altri, nelle istituzioni, nelle aziende. Ne abbiamo parlato con Francesca Vecchioni, fondatrice e presidente dell’associazione Diversity, impegnata ogni giorno a promuovere una concezione del mondo che valorizzi appieno l’importanza delle differenze e della molteplicità, patrimonio prezioso per tutti.
Nel 2013 nasce l’associazione Diversity con lo scopo di scardinare pregiudizi e abbattere ogni tipo di discriminazione: come è partita la vostra avventura?
Quando si lavora con i temi che hanno a che fare con la discriminazione e, di conseguenza, con l’inclusione e la diversity, in Italia siamo abituati a vedere una tipologia di approccio associativa molto legata al territorio o a un certo tipo di relazioni, anche di natura politica. Diversity invece è nata per essere qualcosa di completamente inedito, poiché è un’associazione che fa riferimento specificatamente all’universo della comunicazione. È come se noi producessimo delle caramelle: partiamo da contenuti solidi, che hanno a che fare con il mondo accademico e della ricerca e che rappresentano la radice, il nucleo di un ragionamento filosofico importante, e cerchiamo di semplificarli. Il nostro lavoro è divulgare, rendere più leggibili e assimilabili determinati concetti attraverso progetti di comunicazione. Lo scopo finale è arrivare alle persone e ogni target viene definito in base al tipo di argomento. Se parliamo di diversity non ci riferiamo ad un unico ambito di diversità: spaziamo dal tema LGBTI, afferente all’orientamento e all’identità di genere, alle discriminazioni relative all’età, alla condizione socio-economica, alla religione, all’etnia, alla disabilità. Sommando tutte queste componenti, arriviamo a definire una popolazione che è tutto fuorché una minoranza.
Quali sono le principali attività sviluppate dall’associazione per raggiungere i suoi obiettivi?
Ovviamente operiamo su più ambiti e di conseguenza abbiamo creato Diversity fondandola su tre grandi pilastri: la ricerca, ossia il monitoraggio dei temi che hanno a che fare con l’inclusione e la sua valorizzazione, attraverso l’analisi del mondo della comunicazione; la formazione, ambito a cui teniamo in particolare, perché rappresenta la messa a terra del lavoro di ricerca e coinvolge le istituzioni, i territori e le aziende; la consulenza, che attinge al marketing per favorire la penetrazione del messaggio. Per questo motivo abbiamo strutturato due grandi aree, quella relativa alla relazione con i media, comprendente tutta la comunicazione mainstream, ossia ciò che arriva alle persone, e quella relativa ai brand e al business. Per fare un bel lavoro è cruciale riuscire a studiare gli scenari in maniera completa, per analizzare tutti i canali e trovare nuovi modi per far passare messaggi positivi di inclusione. Contenuti che colpiscono la pancia, i sentimenti, perché è di persone che stiamo parlando.
I Diversity Media Awards sono una delle vostre iniziative di punta: come si articola il progetto?
I Diversity Media Awards rappresentano il culmine di un lavoro molto rigoroso: si parte da un osservatorio specifico sui media in merito all’area orientamento sessuale/identità di genere, poiché ci vorrebbero strumenti di osservazione enormi per coprire tutto lo spettro delle diversità. Si tratta di un progetto di comunicazione a tutti gli effetti, con un meccanismo che ci ha portato a sviluppare un grande evento finale che ha raccolto quest’anno 20 milioni di impression e 7 milioni di utenti unici. Funziona in questo modo: dal lavoro dell’osservatorio derivano le nomination dei prodotti mediali, televisivi e radiofonici che meglio hanno affrontato i temi in analisi e più sono stati seguiti dal pubblico, influenzando in maniera positiva l’immaginario collettivo. A maggio, in una grande serata di gala, vengono poi annunciati i vincitori nelle diverse categorie: l’anno scorso la premiazione è stata trasmessa in diretta su Discovery, sul canale Real Time, riscuotendo un buon successo.
In che modo operate invece sul lato business?
Il Diversity Brand Summit è l’altro grande progetto che portiamo avanti, volto a sensibilizzare il mondo dei brand. L’associazione crede nel senso di responsabilità di coloro i quali ricoprono un ruolo decisionale all’interno di un’azienda. Inoltre, le aziende che riescono a investire nell’inclusione raggiungono in prima battuta lo scopo sociale alla base della nostra missione e, allo stesso tempo, riescono anche a fare un business migliore e a crescere dal punto di vista dei profitti. Se operano nella maniera corretta, gli operatori del mercato sono davvero in grado di coniugare entrambe le accezioni del termine “valore”, quello etico-morale e quello economico.
Recentemente, in occasione del Diversity Brand Summit, è emerso un dato importante: l’inclusione fa crescere le aziende. Business e diversity finalmente viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda?
Il Diversity Brand Summit è il primo evento europeo che mette in relazione diversity e business ed è stato elaborato insieme a Focus Management, società di consulenza strategica esperta sui temi del trust e del brand. Contestualmente al summit, abbiamo presentato anche i dati della ricerca Diversity Brand Index, realizzata da un team di ricerca eterogeneo in termini di competenze e supervisionata da un Comitato Scientifico, presieduto da Sandro Castaldo, Professore di Marketing presso l’Università Bocconi di Milano. I dati emersi sono davvero impressionanti: parliamo di quasi il 17% in più di ricavi rispetto alla media da parte di quelle aziende percepite come più inclusive da consumatori e consumatrici. Questo è davvero un trend importante per migliorare la nostra società. A completamento di questo progetto, dunque, abbiamo lanciato anche una nuova campagna istituzionale che ci rende molto fieri e che è stata realizzata per Diversity da FCB Milan, prodotta da Think Cattleya e pianificata da Good Move online: si chiama #DIVERSITYWINS e raccoglie le storie delle persone che mostrano come la diversità sia una ricchezza in azienda. È possibile seguire la campagna sul sito dedicato www.diversitywins.com. In questo modo vogliamo far capire quanto valga la diversity in inclusione. Essere percepiti come brand inclusivo è cruciale, molto più di quanto possiamo immaginare: nella vita di tutti i giorni questo aspetto muove completamente la scelta e la fiducia del consumatore. È qualcosa che va al di là della consapevolezza, è qualcosa che attinge al nostro intimo più profondo: rifiutiamo prodotti che non ci rappresentano e tendiamo a scegliere il marchio che dice qualcosa di vero alla nostra pancia conquistandoci. È molto interessante lavorare su questi temi, soprattutto per far capire ai brand quanto sia essenziale spendersi per fare la differenza in positivo.
Quali brand riescono davvero a utilizzare la diversità come risorsa?
Quest’anno è stata premiata Coca-Cola, in short list in compagnia di marchi del calibro di American Express, Google, TIM e Vodafone: questi 5 player si sono distinti per i progetti di inclusione più completi ed efficaci e per l’impegno anche economico profuso per l’inclusione in azienda. Il Diversity Brand Summit parte da un’analisi consumer based, che misura la percezione dei marchi che arrivano di più ai consumatori come inclusivi. Da quell’analisi sono emerse le aziende finaliste a cui è stato chiesto di presentare i loro progetti concreti di inclusione. Il Summit serve anche come momento di condivisione per promuovere e condividere i programmi più coinvolgenti e strutturati.
La formazione svolge un ruolo fondamentale nel processo di emancipazione dai pregiudizi: come è possibile supportare al meglio iniziative educative in tal senso?
La formazione cambia molto in base allo scopo da raggiungere, ma in fondo le dinamiche cognitive e comportamentali di ciascuno di noi sono quasi sempre le stesse. Lavorare sui pregiudizi deve riguardare tutti i livelli di interazione. Purtroppo viviamo in una società che tende a far approfondire poco se stessi, così il valore che dà l’autenticità e il poter guardarsi allo specchio e scoprirsi per ciò che realmente si è, così come l’ascolto dell’altro da sé, rappresentano una forza immensa che finisce per essere troppo spesso trascurata. La campagna #DIVERSITYWINS gioca ad esempio a demolire lo stereotipo della diversità come debolezza: essa è al contrario una grande forza e solo l’incontro di punti di vista e attitudini differenti può produrre qualcosa di buono. La storia lo dimostra: l’evoluzione è all’insegna della diversità.
Comunicare la diversità, in un panorama complesso come quello attuale, avvelenato troppo spesso da odio e violenza, è la sfida cruciale del nostro tempo: come affrontarla giorno dopo giorno?
Il progetto Business Human Rights delle Nazioni Unite è un progetto anti-discriminazione di livello altissimo che fa passare il concetto di quanto sia necessario, in termini di benessere, sociale ed economico, lavorare e investire sui diritti umani. Questa iniziativa sottolinea la necessità imprescindibile e pressante di un intervento dall’alto. Parallelamente, occorre concentrarsi sulla persona: in un mondo come il nostro, tutto fatto di comunicazione, di interazioni sui social network, ogni volta che usiamo una parola, esprimiamo un concetto, mettiamo insieme una frase, abbiamo una responsabilità. Ognuno di noi è un esempio per il proprio ambito di riferimento. Dobbiamo quindi cercare di essere sempre sensibili. Per chi influenza platee più grandi la responsabilità è ancora maggiore, soprattutto per quanto concerne il non fomentare odio e avversione. Recuperare la positività in un contesto come quello attuale è un nodo essenziale: neutralizzare le paure e disinnescare la violenza e l’incitamento all’odio è la missione cui tenere fede. Bisogna usare l’amore e i sentimenti, se non facciamo così e se non ci rendiamo conto che ognuno di noi può fare la differenza, ecco che cose terribili inevitabilmente accadono.
Elisabetta Pasca