Rubrica a cura di Paolo Del Panta*
Giulio Di Sabato è uomo pragmatico e dalle idee chiare. Probabilmente sarà anche per questo che il rinnovo alla Presidenza di Assomoda è stata una naturale scelta. Quando l’abbiamo incontrato nel suo showroom "Sari Spazio", in Via Cevedale a Milano, è bastato un veloce scambio di battute per definire quella che è la sua agenda e la sua lista di priorità. Tra i primi punti da promuovere i giovani: ecco perché tiene tantissimo all‘evento in programma l’11 maggio, il cui nome evocativo "FutureLessOn" si chiarisce nel sottotitolo "Giovani per antiche professioni". L’appuntamento vuole essere un momento formativo per il futuro delle nuove generazione e che, non casualmente, chiama ad incontrarsi i principali protagonisti della filiera – Camera della Moda, Sitema Moda Italia e Assomoda, appunto – insieme alle scuole. È nelle aule che infatti può nascere la consapevolezza di rivalutare mestieri artigianali di pregio, fondamentali per la filiera dell’alta moda italiana.
E Giulio Di Sabato questa filiera la conosce bene, motivo per cui quando gli chiediamo cosa si aspetta dall’impegno istituzionale recentemente promosso dal Comitato della Moda storce un po’ il naso, non perché non condivida le buone intenzioni, ma per la poca visione globale che proviene dagli enti governativi. Della moda italiana non puoi discutere se non coinvolgi tutti quelli che nella filiera lavorano: di questo Giulio Di Sabato ne è convinto.
Che ruolo gioca Assomoda all’interno degli equilibri relazionali e commerciali del sistema della moda?
Assomoda ricopre un ruolo molto importante all’interno della cosiddetta filiera. Noi siamo esattamente la distribuzione intermedia, ci posizioniamo tra il monte e la valle. Tra i grandi designer e il dettaglio finale, si colloca infatti Assomoda con i suoi associati: agenti, rappresentanti o distributori – che molte volte sono proprietari di showroom –, piccole e medie industrie e giovani designer. Assomoda raccoglie sotto il suo cappello circa 800 showroom, impegnati nella distribuzione di piccole e medie aziende. Secondo un recente censimento, ogni showroom distribuisce 10-15 aziende: il che vuol dire che attraverso gli showroom di Assomoda passano circa 10.000 PMI e giovani designer. Numeri importanti, che attestano il ruolo di gran peso che la nostra associazione ricopre all’interno del sistema della moda italiana.
Lei ha sempre sottolineato l’importanza di sostenere le nuove leve italiane e la loro formazione professionale. Quali proposte e progetti a beneficio dei giovani della moda intende promuovere?
Io sono Presidente di Assomoda dal 2005, dopo essere stato per due anni alla presidenza di quella che era Assomoda Lombardia. Da allora di azioni a favore dei giovani ne abbiamo intrapreso tantissime, tanto da poterci considerare tra i primi talent scout della filiera italiana. Un primo sostegno a favore delle nuove generazioni è stato quello di inserirle all’interno delle nostre strutture, dando loro gli strumenti per poter affrontare il mercato nella maniera giusta, orientato soprattutto alle vendite. Oggi molto spesso si crede che la “sfilata-premio” o il riconoscimento siano per i giovani gli obiettivi primari da raggiungere, quando invece i grandi della moda – da Armani a Versace – ci hanno insegnato che il processo più sensato e redditizio è quello opposto: la sfilata è la maturazione, il punto di arrivo, prima ci sono la distribuzione e la vendita. In questi anni abbiamo pensato ai giovani organizzando eventi promozionali; ma – più che al passato – voglio pensare al futuro. Un primo passo è rappresentato dall’11 maggio, giorno in cui si terrà l’evento FutureLessOn, il cui gioco di parole proietta all’importanza della formazione e del futuro. Ancora più esplicativo è il sottotitolo: “Giovani per antiche professioni”. Il Presidente di Camera Nazione della Moda, Carlo Capasa, il Presidente di Sistema Moda Italia, Claudio Marenzi e io saremo presenti all’incontro e insieme a noi ci saranno le scuole, con le quali apriremo un dibattito sul modo migliore per avvicinare i giovani a queste antiche professioni, erroneamente dimenticate o sottovalutate. Non esiste solo il mestiere del designer nella moda, ma ci sono tante altre professioni che in questo momento di crisi possono essere riportate allo splendore che meritano. D’altronde sono anche, o forse soprattutto, gli antichi mestieri del sarto e dell’artigiano a mantenere viva la filiera italiana.
Per la promozione della filiera molto importanti sono le partnership strategiche con mercati stranieri. Come sta lavorando da questo punto di vista il sistema della moda italiana?
Assomoda è fresca di un accordo con la Russia, firmato in occasione del Summit “Fashion Futurum”, organizzato dalla Mercedes-Benz Fashion Week Russia, stipulato per favorire lo sviluppo reciproco dei Paesi e creare un network di valore. Il mercato asiatico oggi sta vivendo un periodo di grande crescita che non si può ignorare, motivo per cui in Cina abbiamo firmato un accordo quinquennale con la società di Pechino Show Town e la Mercedes-Benz Fashion Week, dove abbiamo portato una ventina di giovani designer italiani. Ovviamente siamo agli inizi: per i grandi nomi la Cina era già un mercato di conquista ma, adesso che all’interno del Paese è cresciuta la classe medio alta, è aumentata la fascia dei potenziali clienti che vogliono comprare prodotti Made in Italy. In quei Paesi si stanno infatti sviluppando una miriade di negozi multibrand che distribuiscono capi di giovani designer o PMI: vogliono un prodotto unico, di buona fattura, meno caro, da affiancare anche ai grandi nomi. Tutto il lavoro investito e i risultati che stiamo ottenendo ci fanno ben sperare: c’è un futuro florido per la piccola e media industria italiana.
Il comitato della moda si sta impegnando per creare nuove sinergie tra gli organi e le associazioni della moda e degli accessori italiani. Cosa si aspetta da questa collaborazione?
Io non mi aspetto assolutamente niente. Non contesto l’idea di creare un tavolo di lavoro sulla moda, anzi, sono ben contento che finalmente se ne parli – e di questo ringraziamo Calenda, che è stato il primo a porre la questione facendo avere anche dei finanziamenti – ma il problema è che, chi organizza queste operazioni, dovrebbe pensare di coinvolgere tutte le associazioni che compongono la filiera e che godono di quella competenza giusta per poter affrontare le questioni dal giusto punto di vista. Se ci si vuole interessare ad un settore, si devono sedere al tavolo tutti i rappresentanti del settore stesso: e invece ci ritroviamo davanti ad un’iniziativa che – per discutere della promozione della moda – “dimentica” di chiamare in causa Assomoda. In Italia ci sono 6000 showroom e ignorare questa parte della filiera significa non avere una visione globale e completa. Il 60% del fatturato della moda è rappresentato dalle PMI e dai giovani designer, non è performante non includere chi li rappresenta. Ci si deve impegnare per aiutare i più deboli, non i più forti, ma forse aveva ragione il protagonista de Il Gattopardo quando diceva “tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”.
La settimana della moda italiana rischia di presentarsi in tono minore nelle sue prossime edizioni, colpa di decisioni organizzative relative all’accorpamento delle sfilate maschili e femminili e anche di alcune defezioni illustri, anche italiane. Questi cambiamenti di scenario potrebbero determinare un indebolimento, anche economico, della fashion week milanese rispetto agli altri appuntamenti internazionali?
Carlo Capasa, uomo di grande esperienza, saprà sicuramente gestire questa situazione. L’accorpamento tra sfilate maschili e femminili era già nell’aria e forse bisognava iniziare a tenerlo in considerazione, così da evitare di subirlo come brutto colpo sfruttandolo, al contrario, a proprio vantaggio. Le PMI ormai vendono insieme le collezioni uomo e donna e le vendite avvengono prima delle classiche sfilate di settembre. Il comparto della moda ad oggi necessita di un ripensamento, anche nel calendario. Assomoda, per esempio, ha chiesto di anticipare delle fiere o di organizzare delle sfilate intermedie per le PMI e i giovani, lasciando le sfilate tradizionali per i grandi. Ad ogni modo non credo che queste scelte comporteranno una grande problema per la Camera della Moda. Bisogna semplicemente ripensare alcuni aspetti, tenendo conto di determinate esigenze: ecco perché bisogna farlo tutti insieme. Altro discorso è il “see now, buy now”: è evidente che questa è una politica che non tutti potranno cavalcare e che va a decremento dei giovani e dei piccoli, perché implica una produzione al buio. Per forza di cose si tratta di una scelta che può essere fatta solo dai grandi gruppi, il rischio per i giovani e i piccoli è troppo grande. Certo, è una soluzione da guardare con grande attenzione, ma ovviamente comporta un’attenta valutazione.
Il made in Italy viene sempre associato all’idea di qualità e considerato garanzia di eccellenza. Ma il suo valore potenziale riesce effettivamente a tradursi in un valore economico effettivo? Nel senso, viene sfruttato e comunicato adeguatamente?
Ovvio, bisogna continuare a fare delle significative operazioni a supporto, soprattutto in comunicazione. Allo stesso tempo è importante lavorare per tutelare il marchio e difenderlo dalle contraffazioni, aspetto che chiama in causa le forze politiche a livello europeo che, fino ad ora, non sono state d’aiuto ogni volta che hanno bocciato la proposta dell’etichettatura obbligatoria. Per fortuna, grazie all’impegno e alla correttezza di molti, anche e soprattutto dei più piccoli, il vero made in Italy gode di un riconoscimento a livello internazionale. In esso si riconosce la qualità e uno stile che – nonostante i tentativi – sarà sempre inimitabile.
*Paolo Del Panta è editore di All about Italy, magazine dedicato alle eccellenze italiane. Nato nel 1997 per sostenere la competitività delle imprese del nostro Paese sui mercati internazionali, All about Italy si è da sempre impegnato a promuovere la filiera italiana, diventando una vera e propria piattaforma specializzata che riunisce al suo interno importanti ambasciatori dell’italianità, rappresentando un esclusivo trait d’union tra la qualità del Bel Paese e il mercato straniero. Oggi la prestigiosa pubblicazione – che è stata anche testimone di importanti riconoscimenti, tra cui anche una medaglia celebrativa da parte della Presidenza della Repubblica Italiana consegnata in occasione del Gala Italia tenutosi a Monaco di Baviera – è distribuita in USA e in Germania, con due edizioni in lingua originale, pensate appositamente per i mercati di riferimento.